Il latte delle mamme milanesi è un po’ più ‘inquinato’ di quello delle napoletane. Ma non è un problema geografico, né di ambiente. Piuttosto è una questione anagrafica. Nel capoluogo lombardo, infatti, l’età media del primo figlio è compresa fra 30 e 40 anni, mentre nel Napoletano è inferiore ai 30. E questo determina una maggiore o minore esposizione ad agenti contaminanti ambientali che entrano nel corpo umano soprattutto attraverso il cibo (95%) e la respirazione, ‘bio-accumulandosi’ nell’organismo. La buona notizia, però, è che la contaminazione si sta riducendo rispetto al passato. Lo indica uno studio della Facoltà di agraria della sede di Piacenza dell’Università Cattolica, che ha analizzato il latte delle neomamme di Milano, Piacenza e Giugliano, alle porte di Napoli, nel periodo 2008-2009.
ETA’ E QUALITA’ DEL LATTE MATERNO
I ricercatori hanno tenuto sotto controllo un campione di 63 mamme, di cui 23 piacentine, 20 milanesi e 20 napoletane, queste ultime presumibilmente esposte ai fumi degli incendi illegali di immondizia urbana. Con risultati incoraggianti rispetto al passato. Innanzitutto un livello più basso di diossine: dagli anni ’90 ad oggi ha registrato un calo del 60%, con punte del 90% se si guarda agli anni ’80. Ma anche una minore presenza di PCB, agenti tossici e contaminanti, che, nello stesso arco di tempo, è scesa del 20%.
I LIVELLI DI CONTAMINAZIONE AMBIENTALE
“Un dato che pone i livelli di contaminazione italiani tra i più bassi in Europa“, spiegano i ricercatori piacentini. E che “non deve allarmare: le diossine presenti nel latte materno sono naturalizzate nel corpo umano. Basti pensare che le misure ottenute analiticamente sono molto più piccole di una mezza goccia di acqua in una piscina olimpionica e sono molto inferiori ai limiti stabiliti dalla legge per i prodotti alimentari“.
I FATTORI DISCRIMINANTI
Dall’indagine emerge in modo netto che il latte delle mamme giovani, quelle con un’età compresa tra 20 e 30 anni, presenta livelli di contaminazione più bassi rispetto a quello delle over 30. E’ l’età, dunque, la causa discriminante, anche perché lo stile di vita di tutte le mamme intervistate è simile: stesse abitudini nutrizionali, consumo di cibi del supermercato e nessuna fumatrice.
SIAMO CIO’ CHE MANGIAMO
“In generale – evidenziano i ricercatori – i contaminanti persistenti sono legati al cibo che contiene grasso, come pesce o carne, e a prodotti di origine animale. Ciò non vuol dire che dobbiamo eliminare questi alimenti dalla nostra dieta, anzi il corpo va preparato per accogliere il bimbo“, dicono i ricercatori sottolineando che i nostri alimenti, grazie alle leggi comunitarie di tutela del consumatore, sono sicuri e hanno livelli di contaminazione tollerabili.
Lo studio, frutto della tesi di dottorato di Maria Malgorzata Ulaszewska, con la supervisione del docente di ecotossicologia e contaminanti chimici negli alimenti Ettore Capri, è stato condotto grazie al sostegno dell’Istituto Mario Negri di Milano e dell’Ambulatorio Piccolo Daino di Piacenza.