Non è solo un pregiudizio vecchio stampo. Il ‘mal di suocera’ esiste e può persino scatenare seri attacchi di panico, che portano dritti al pronto soccorso. Soprattutto per le donne del Sud, in contesti sociali dove la vicinanza e persino la convivenza con la famiglia d’origine del proprio partner è frequente. E infatti, in un caso su cinque tra le persone arrivate in ospedale per le conseguenze fisiche di questi gravi stati d’ansia, all’origine del malessere c’è proprio il difficile rapporto con la suocera e le sue ‘ingerenze’ nella relazione di coppia.
Lo spiega, dati alla mano, Enza Cipolletta, psicologa e psicoterapeuta che ha partecipato a un progetto in una struttura dell’hinterland napoletano, al Pronto soccorso di Giugliano, dove era stato attivato lo scorso anno un team di psicologia – in collaborazione con il Distretto di salute mentale della Asl Napoli 2 – per verificare la quantità di visite legate a disturbi di origine psicologica e cercare risposte più adeguate a questo fenomeno. Un problema che, oltretutto, costa caro al sistema sanitario perché produce di analisi e prestazioni inutili per l’esclusione di patologie organiche gravi.
I problemi psicosomatici
“La percentuale di pazienti con problemi psicosomatici – spiega Cipolletta all’Adnkronos Salute – è risultata notevole con una particolare frequenza di dolori acuti ai reni, all’uretere, alla vescica, allo stomaco: si parla di poco meno del 50%, di cui circa un 15% di casi di ipocondria e un 35% di attacchi di panico. E per quanto riguarda questi ultimi, dai colloqui con il pazienti ho scoperto il ‘disturbo da suocera’, che colpisce soprattutto le donne: una buona fetta delle persone a cui è stata diagnosticato l’attacco di panico aveva un problema reale con una suocera troppo presente nella vita di coppia“.
Quel rapporto madre-figlio che non si spezza
Nella maggior parte dei casi si trattava di donne che subivano le conseguenze di un legame intenso tra il loro partner e la madre. “Le donne raccontavano, in generale, storie di una forte dipendenza madre/figlio – spiega ancora Cipolletta – in cui veniva trascinato anche il nuovo nucleo familiare. Le pazienti si trovavano a dover ‘combattere’ per salvaguardare l’autonomia senza nessun sostegno e finivano per sentirsi in trappola“. Da qui gli attacchi di panico, con disturbi che spesso ‘mimano’ l’infarto’: il paziente, che arriva pallido e molto sofferente, afferma di ‘sentirsi morire’.
Un fenomeno “ovviamente molto legato anche alle condizioni sociali. Evidentemente – aggiunge l’esperta – è più facile che tutto questo avvenga in zone del Sud dove spesso le famiglie d’origine abitano vicinissime e dove non mancano, soprattutto per problemi economici, i casi di convivenza forzata“.
I mammoni di tutta Italia
Ma l’Italia dei ‘mammoni’ non si limita al Meridione, quindi “non mi sento di escludere, anche se non ci sono i dati, che ci siano casi del genere in altre altre aree del Paese“. Il problema, inoltre, si sta riproponendo anche in famiglie di immigrati, dove la cultura tradizionale ‘importata’ – che prevede un forte potere del nucleo d’origine – si scontra con i bisogni psicologici di maggiore autonomia delle giovani generazioni che quindi possono soffrire parecchio l’effetto suocera.
“Ho osservato già in alcune pazienti straniere queste dinamiche – precisa Cipolletta – Anche in casi in cui non si arriva a vere e propri crisi di panico, si posso registrare disagi che limitano molto le persone, riducendo in particolare l’autostima“.
Medici e psicologi per una terapia più efficace
Suocera a parte, il lavoro dell’equipe di psicologi in ospedale ha dimostrato anche che utilizzare esperti in grado di individuare rapidamente le malattie psicosomatiche può aiutare a tagliare molto i costi delle prestazioni al pronto soccorso.
“Nel corso della sperimentazione, abbiamo utilizzato due registri – spiega Cipolletta – uno riservato ai medici e uno agli psicologi. Al suo arrivo il paziente veniva visitato normalmente dai medici che poi, in caso di perplessità per diagnosi di tipo organiche, chiamava lo psicologo per un colloquio. E spesso abbiamo scoperto che, per i nostri pazienti, il ricorso ai servizi d’urgenza era frequente, così come analisi e prestazioni diagnostiche fotocopia a distanza di poco tempo“. Ma con questo sistema i pazienti con problemi di origine psicologica potevano essere indirizzati verso cure più adatte.
“Normalmente il medico del pronto soccorso – conclude Cipolletta – non può avere la preparazione adeguata per una diagnosi psicologica, né ha a disposizione tutti i dati e le analisi già fatte dal paziente. E’ costretto, anche se sospetta l’origine psicologica del disturbo, a ripetere elettrocardiogrammi, analisi, ecografie o altro per escludere completamente la patologia. Con un grosso aggravio di spesa“. Oltre a fare male, dunque, la suocera rischia anche di pesare parecchio sulle casse del Servizio sanitario nazionale.