Sì alla donazione del sangue da cordone ombelicale che è utile e funzionale. No al prelievo per uso privato, sistema che alla prova dei fatti si rivela inutile. Lo hanno affermato esperti e presidenti delle società scientifiche nazionali del settore tra cui il Gruppo italiano trapianti midollo osseo (Gitmo) e la Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia (Simti) a Verona, in occasione della tavola rotonda ‘Donazioni e trapianti di cellule staminali emopoietiche, oggi’, organizzata nei giorni scorsi dalla Federazione nazionale Adoces e Admor.
Sì alla donazione, no alla privatizzazione
A dimostrare l’utilità della donazione e gli scarsi effetti della conservazione privata, spiegano gli esperti in una nota, i dati più aggiornati forniti dal Centro nazionale trapianti: da gennaio a novembre 2010 sono stati 632 i trapianti effettuati grazie a un donatore non familiare, di cui 102 da donazioni di sangue cordonale (pari al 16%) che “rappresenta ormai una valida alternativa per il trattamento di quei pazienti affetti da leucemie e altre gravi malattie del sangue che non dispongono di un donatore compatibile in ambito familiare o nel Registro donatori“. Dall’inizio della raccolta (2005), le banche italiane conservano circa 25.000 donazioni solidali ed hanno fornito oltre 1.000 unità cordonali ai centri di trapianto: di queste, oltre 500 sono servite per trapianti all’estero.
Le banche estere private
Al contrario, delle circa 45.000 le unità di sangue cordonale raccolte a scopo privato in banche estere, mai una sacca – precisano gli esperti – una sacca è stata utilizzata per eseguire un trapianto. “Non vi è oggi alcuna ragione scientifica per cui si possa ritenere utile la conservazione autologa per uso preventivo“, ha detto Alberto Bosi, titolare della cattedra di ematologia all’Università degli Studi di Firenze e presidente del Gitmo. “Non sacrifichiamo la necessità attuale per un’utopia futura. Ogni anno sono più di 500 i pazienti italiani che necessitano di una donazione compatibile per poter accedere al trapianto“. E anche Giuseppe Aprili, presidente Simti, ha ricordato l’inutilità della conservazione autologa di cellule staminali del sangue cordonale destinate al neonato stesso. “Se il bambino si ammala – ha spiegato – questo bambino ha bisogno di cellule staminali di un altro bambino sano, non delle proprie“.
chrissy 10 Ottobre 2011 il 00:38
Quello che ho letto più sopra è falso. Sono diversi i bambini trattati con le proprie cellule staminali, anzi sono molti. E lo erano già nel novembre 2010 alla data dell’articolo. Se agli oncoematologi peditraci italiani non fa comodo dirlo, perchè temono una diminuzione della donazioni, è un problema loro.
Molti trial e molte malattie anzi prevedono proprio l’ uso di cellule autologhe e non averle fa si che il bambino non possa essere curato. Se nell’ adulto in caso di autoptrapianto è possibile ricorrere al midollo osseo del paziente stesso, nel bambino è impensabile procedere a questo tipo di prelivo. Di che patologie staimo parlando? Paralisi celebrale infantile-tetraparesi spastica ( 1 caso ogni 500 nati vivi OMS), neuroblastoma, retinoblastoma, rabdomiosarcoma, diabete di tipo 1, ma anche leucemie con terapia genica… esistono degli elenchi chiari, ed è possibile consultarli perchè sono pubblici, si possono trovare sia sui siti delle banche private estere ( che all’estero hanno grosse collaborazioni con il pubblico) sia dagli elenchi dei pazienti per patologia.