Mappato per la prima volta l’intero genoma di un feto, utilizzando un campione di sangue della madre. Un metodo che potrà consentire di rivoluzionare la diagnosi genetica prenatale di varie gravi malattie genetiche, rendendola molto meno invasiva rispetto a oggi. Come riporta la rivista ‘Science Translational Medicine’, nel 1997 il team di ricercatori guidati da Dennis Lo alla Chinese University di Hong Kong aveva dimostrato che nel plasma sanguigno materno è possibile rilevare il Dna ‘galleggiante’ del feto, che passa attraverso la placenta grazie al distaccamento di cellule morte.
Il genoma del feto
Questa scoperta aveva attirato molta attenzione nella comunità scientifica mondiale, perché apriva la strada alla possibilità di diagnosi prenatale senza l’utilizzo di metodi come l’amniocentesi, che comporta, anche se basso, un rischio di aborto. Fino a oggi l’ostacolo principale all’avanzamento della tecnica è stata la difficoltà nel distinguere le scarse sequenze di Dna fetale dal maggiore contenuto di Dna della madre, all’interno del campione ematico. Ma ora, grazie a sofisticate tecniche di bioinformatica, il team di Lo ha dimostrato che è possibile rilevare la presenza di malattie genetiche nel feto utilizzando un campione di sangue di una donna incinta.
La ricerca
Per verificarlo è stata coinvolta una coppia a rischio di avere un bambino affetto da beta-talassemia. Gli esperti sono riusciti a ottenere risultati tali da evidenziare che il feto era portatore, ma non affetto dalla malattia.
Unico ‘neo’ il costo dell’esame: oggi è di circa 200 mila dollari, ma Lo spera di poter sviluppare entro un anno un test che si focalizzi su le cinque principali e più pericolose malattie genetiche, al costo di circa duemila dollari.