Spina bifida, anencefalia, encefalocele. Sono i principali difetti congeniti del tubo neurale, che si possono formare nel feto durante i primi 28 giorni dopo il concepimento: in Italia l’incidenza è di un caso ogni 1.000 gravidanze. Lo ‘scudo’ più efficace contro questi gravi problemi è l’acido folico (o vitamina B9), di cui è consigliata alle donne in età fertile l’assunzione nelle giuste quantità, 400 microgrammi al giorno, anche prima di rimanere incinta, proprio per la precocità con cui si presentano le malformazioni. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, per assicurare un’assunzione adeguata di acido folico a tutta la popolazione, non solo alle donne che desiderano un bambino, vige l’obbligo di fortificazione delle farine con questa sostanza. Tale integrazione non esiste in Italia, dove sono presenti sul mercato solo alcuni prodotti ‘arricchiti’ in vitamina B9, tra cui cereali da colazione, succhi di frutta e latte speciale Uht. Esperti americani e italiani si sono dati appuntamento al meeting ‘Folic Acid: State of the Art’ all’università Campus Biomedico di Roma, per confrontarsi sull’argomento.
L’acido folico
La maggiore presenza di vitamina B9 nella dieta mediterranea ha fatto sì che in Italia e in altri Paesi del Sud Europa non si sentisse l’esigenza di integrare farine e altri alimenti con questa sostanza. Oltreoceano è invece prassi consolidata, soprattutto per rimediare ai ‘danni’ della dieta americana, ricca di grassi e povera di ortaggi e frutta, ma anche di pane e pasta.
L’acido folico è una vitamina del gruppo B. Il nome deriva dal latino folium, che indicava i vegetali a foglia larga come gli spinaci, nel quale è stato originariamente scoperto. La sostanza libera nell’organismo metile, indispensabile per i processi di proliferazione e differenziamento delle cellule. Per questo è particolarmente importante che sia contenuto in quantità sufficiente nell’organismo delle donne in gravidanza, al fine di un corretto sviluppo del feto. Inoltre, la vitamina B9 è importante per l’equilibrio del sistema nervoso, favorisce la fertilità e aiuta ad abbassare i livelli dell’aminoacido omocisteina, associato al rischio di malattie cardiovascolari e infarti.
I difetti del feto e l’acido folico
Secondo Pierpaolo Mastroiacovo, direttore dell’International Centre on Birth Defects, “i giusti livelli di folati nell’organismo si possono ottenere attraverso un’alimentazione equilibrata, una supplementazione o la fortificazione dei cibi con vitamina B9. La scelta di quale strategia adottare a questo scopo deve dipendere però dalla popolazione a cui si fa riferimento e soprattutto dalla sua base socio-economica. In Occidente, ad esempio, attraverso l’informazione è possibile rendere consapevoli i cittadini dei problemi che derivano dalle carenza di acido folico. In Africa questo non è possibile“.
L’importanza dell’alimentazione
A preoccupare gli esperti sono però dati, non ancora confermati, che sembrano mostrare un’aumento dell’incidenza di tumori al colon, alla prostata e al seno nella popolazione americana a partire dall’introduzione della fortificazione delle farine: “Quello che emerge – ha detto Robert Russell dei National Institutes of Health – è che l’acido folico non provoca tumori, ma sembra in grado di stimolare la crescita di neoplasie preesistenti“. Non esistono però ancora studi controllati che siano in grado di confermare questo trend. Non manca comunque chi guarda con interesse alla via imboccata dai Paesi del continente americano. Se infatti “l’assunzione di quantità integrative di acido folico è importante per prevenire malformazioni del tubo neurale – ha sottolineato Valeria Capra, medico dell’Unità operativa di neurochirurgia dell’Istituto Gaslini di Genova – i dati dell’Istituto superiore di sanità indicano che otto donne italiane su 10 in età fertile non assumono dosi congrue di questa vitamina prima del concepimento. A questo va aggiunto che, nel nostro Paese, sono programmate solo la metà delle gravidanze. D’altra parte, numerosi studi americani certificano una riduzione drastica di malformazioni congenite alla nascita attraverso la massiccia fortificazione dei cibi per via sintetica: il 19% in Usa, il 40% in Canada, il 58% in Argentina“. Un dibattito aperto, dunque, finché nuovi studi non aiuteranno a chiarire la situazione.