Cassandrino lasciò sfollare i medici, i chirurghi, le sortiere, i negromanti, e si presentò dopo qualche giorno a palazzo reale. Fu ammesso nella stanza degli ammalati. “Promettete dunque di farci guarire?” “Lo prometto.” “E quando comincerete la cura?” “Anche subito, se volete.” Cassandrino fece denudare il Re fino alla cintola; poi trasse da una cesta un fascio d’ortiche e con le mani inguantate cominciò a flagellare le spalle reali. “Basta! Basta!” urlava il Re. “Non ancora, Maestà.” Poi passò alla Regina e ripeté sulle spalle di lei la stessa funzione. Quando i due Sovrani furono deposti sul letto, semivivi, Cassandrino porse loro i frutti delle isole lontane. Ed ecco i volti imbiancarsi a poco a poco, le squamme diradarsi, svanire del tutto. I Reali erano esultanti.
Venne la volta della principessa. Cassandrino volle restar solo con lei, e si chiuse a chiave nella sua stanza. Giunsero tosto le urla e i gemiti strazianti. La cura incominciava. “Aiuto! Basta! Basta!” La cura proseguiva. “Muoio! Basta! Aiuto! Per carità!” Dopo un’ora Cassandrino uscì dalla sua stanza, lasciando la principessa semiviva. “E la pelle?” domandarono i Sovrani. “Gliela imbiancherò domani. Domani ritornerò per ultimare la cura.”
Potrebbe soccombere
Cassandrino andò a trovare un abate, amico suo, e gli disse: “Domani, verso mezzogiorno, trovati a palazzo reale per confessare la principessa che versa in pericolo di vita.” L’abate promise di trovarvisi. Il giorno dopo Cassandrino si presentò a palazzo: “Sacra Corona, oggi farò l’ultimo trattamento della principessa, ma siccome potrebbe soccombere…” “Gran Dio! Che dite mai?” urlarono i Sovrani. “Ho pensato bene di avvisare un abate, per gli ultimi conforti. Sarà qui verso mezzogiorno.” Poi salì dalla principessa: “Oggi vi sottoporrò all’ultimo trattamento, e poiché potrebbe essere fatale, hanno avvisato un abate per la tranquillità della vostra coscienza.” La principessa aveva gli occhi fissi dallo spavento. Sopraggiunse l’abate che fu lasciato solo con l’ammalata e Cassandrino attese in un gabinetto attiguo. Quando il confessore uscì dalla stanza, Cassandrino disse: “Amico mio, favoriscimi alcuni istanti la tua veste.” “Sarebbe un insulto alla mia divisa.” “Non temere cose sacrileghe. È per ottimo fine.”
Meditate, cercate ancora
Cassandrino si vestì della veste sacerdotale e si presentò alla principessa che gemeva nella sua alcova. “Figliuola mia, temo abbiate dimenticato qualche cosa nella confessione delle vostre colpe… Meditate, cercate ancora… Pensate che siete forse sul punto di presentarvi al giudice supremo.” La principessa allibiva, singhiozzando. “Vediamo” diceva Cassandrino, imitando la voce dell’amico “non ricordate d’aver sottratto… rubato qualche cosa?” “Ah, padre!” singhiozzò la principessa. “Ho rubato una borsa miracolosa a un principe forestiero.” “Bisogna restituirla! Confidatela a me e gliela farò avere.” La principessa indicò col gesto stanco uno stipo d’argento: e Cassandrino prese la borsa. “E altro… altro ancora, non ricordate?” “Ah Padre: ho rubato una tovaglia fatata allo stesso forestiero: prendetela. è là, in quell’arca d’avorio.” “E altro, altro ancora?” “Un mantello, Padre! Un mantello incantato, allo stesso forestiero.” È là, in quell’armadio di cedro…” E Cassandrino prese il mantello. “Sta bene” proseguì il falso prete “ora mordete questo pomo: vi gioverà.” La principessa addentò il frutto e subito le squamme verdi si diradarono lentamente e scomparvero del tutto. Allora Cassandrino si tolse la parrucca e la veste. “Principessa, mi riconoscete?” “Pietà, pietà! perdonatemi d’ogni cosa! Sono già stata punita abbastanza!”
Sono già fidanzato
I Sovrani entrarono nella camera della figlia e il Re, vedendola risanata, abbracciò il medico. “Vi offro la mano della principessa: vi spetta di diritto.” “Grazie, Maestà! Sono già fidanzato con una fanciulla del mio paese.” “Vi spetta allora metà del mio regno.” “Grazie, Maestà! Non saprei che farmene! Sono pago di questa borsa vecchia, di questa tovaglia, di questo mantello logoro…”
Cassandrino, fattosi invisibile, prese il volo verso il paese natio, restituì ai fratelli i talismani recuperati e, sposata una compaesana, visse beato fra i campi, senza più tentare l’avventura.FINE
Fiaba di Guido Gozzano