“Quel tipo” pensò Carroll, “non è niente di buono in questa notte benedetta, e non avrei paura di giurare sulla Bibbia che c’è altro oltre alle fate, o al piccolo popolo, come li chiama lui, che lo porta su per la montagna a quest’ora. Le fate!” ripeteva, “è cosa da tipi come lui andare appresso a piccoli esseri come le fate! Certo, alcune persone dicono che esistono, ma molti di più sostengono di no; ma io so per certo che non avrei mai
paura nemmeno di una dozzina di loro e nemmeno di due dozzine, se non sono più grandi di quanto si dice.”
Mentre questi pensieri gli passavano per la testa, Carroll O’Daly teneva lo sguardo fisso sulla montagna, dietro la quale sorgeva maestosa la luna piena. Su un punto elevato che appariva scuro dietro il disco lunare, scorse la figura di un uomo con un pony e non ebbe dubbi che si trattasse proprio del contadino con il quale aveva fatto parte della strada.
Seguendo meglio che poteva
L’improvviso pensiero di seguirlo balenò come un lampo nella mente di O’Daly: la sua curiosità e il suo coraggio erano stati stimolati dalle sue riflessioni fino a farlo sentire come un prode cavaliere, e mormorando: “E’ ora, vecchio mio!” smontò da cavallo, lo legò ad un vecchio albero contorto e iniziò a scalare con vigore la montagna.
Seguendo meglio che poteva la direzione presa dalla figura dell’uomo e del pony, proseguì il cammino, guidato talvolta da una sua parziale apparizione. E dopo aver arrancato per quasi tre ore per un sentiero scosceso e a volte paludoso, arrivò ad una radura verde in cima alla motagna e vide il pony bianco libero mentre pascolava con calma.
Fonti: Thomas Crofton Croker – Fairy Legends and Traditions, first published 1825.