Furente, Garm tentò di afferrare le particelle di polvere lucente. Megarin prese il ragazzo. Correndo con la coppa nella mano destra ed il ragazzo che penzolava sotto il braccio sinistro, si lanciò nel cortile. Il suo ululato disperato richiamò il branco. Il branco della foresta attraversò di corsa i cancelli e disperse le guardie sbalordite. Nonostante le grida furiose che sentiva dietro di sé, le guardie erano troppo occupate a cercare di evitare gli artigli e le zanne dei lupi selvatici per pensare di bloccarla.
Corse senza fermarsi, finché non fu nel profondo della foresta e circondata dalle coorti di lupi. Il grande capo nero guardò il marchio ancora fiammeggiante di luce rossa. I suoi pensieri raggiunsero con chiarezza la mente di lei. “Gli esseri umani erano così confusi! Che divertimento! Devo correre avanti e dirlo a madre Lupa?”. “Non è ancora morta?” disse ad alta voce, anche se si rendeva conto che lui percepiva meglio i suoi pensieri attraverso il marchio.
“Naturalmente no, sorella lupa.”
“Allora vai a dirglielo, ti prego.”
Tenetelo al sicuro
Qualcuna delle vecchie femmine si avvicinò al ragazzo e cominciò a leccargli il viso. “Ha bisogno di un bagno” disse Megarin, “E di protezione.” Vide lo sguardo della compagna del capo che si fissava sul marchio.
“Da noi li avrà entrambi” fu il pensiero che udì con chiarezza.
“Tenetelo al sicuro e lontano da Garm. Non deve andare a Wolfhaven nel caso che Garm venga a cercarlo. Né dovrebbe esserci nessuno di noi.” La lupa digrignò i denti, con la lingua penzoloni. “Forse Garm ed i suoi uomini troveranno qualche difficoltà ad attraversare la foresta con tanti lupi in giro.” Megarin annuì; non si era resa conto di quanti lupi ci fossero in quel luogo. Non li aveva mai visti o forse prima non c’erano? Non importava, ora erano qui.
Fonte: Marion Zimmer Bradley, “Sword and Sorceress”