Il re uscì dallo stanzino e vedendo che il serpente si era chiuso con la principessa, disse alla regina: ” Che il Cielo dia pace all’anima innocente di nostra figlia, perché di sicuro quel serpente maledetto a quest’ora l’avrà ingoiata tutta intera”. E avvicinandosi alla porta della camera degli sposi si chinò a guardare dal buco della chiave. Appena vide la bellezza e la nobiltà di quel giovane diede un calcio alla porta, entrò con la regina, raccolsero la pelle di serpente e senza pensarci la bruciarono. “Ah, sciagurati!” gridò il principe serpente,”cosa mi avete fatto!”, si trasformò in una colomba e volò alla finestra, battè e ribatté contro i vetri finché li ruppe e fuggì, ferito e insanguinato.
La principessa in pochi istanti era passata dalla mestizia alla gioia e dalla gioia alla disperazione, si era sentita prima perduta nelle spire di un serpente, poi felice tra le braccia di un bellissimo principe, poi disgraziata perché era volato via; così piangeva, si graffiava il viso e si strappava i capelli, rimproverando il padre e la madre che per la fretta di bruciare la pelle del serpente avevano mandato in fumo il suo matrimonio. Il re e la regina le dissero che avevano agito per il suo bene, le chiesero perdono e cercavano di consolarla, ma lei non smise di piangere, e a notte fonda, con un dolore che aumentava ora dopo ora, decise di andare per il mondo a cercare il suo sposo.
Percorse le vie della città
Mise in una borsetta le sue cose più preziose, uscì da una porticina secondaria, percorse le vie della città, verso i campi, e continuò a camminare al lume della luna. A un certo punto una volpe si mise a trotterellare accanto a lei, e le chiese se voleva una compagna di strada. La principessa le rispose: “Ne sarei felice, perché sono sola, e non conosco la via”. Andando e andando arrivarono a un bosco così fitto che nemmeno i raggi della luna riuscivano a illuminare i loro passi, così si fermarono a riposare sotto un albero accanto a una fontana d’acqua freschissima.
Si svegliarono all’alba
Dormirono su un letto di erba soffice fino al mattino, poi si svegliarono all’alba, e mentre si scaldavano ai primi raggi di sole gli uccelli zirlavano, fischiavano e gorgheggiavano tra i rami. La principessa confidò alla volpe che le piaceva molto ascoltare il canto degli uccelli, e la volpe le disse: “Ti piacerebbe anche di più se tu capissi quello che si stanno dicendo”. Siccome la principessa era molto curiosa, chiese alla volpe di rivelarle i discorsi degli uccelli, e questa, dopo essersi fatta pregare a lungo, le disse: “Stanno parlando di una disgrazia, accaduta a un principe, che era così bello che un’orca si era innamorata perdutamente di lui. Siccome lui non aveva voluto saperne del suo amore, l’orca lo aveva trasformato in serpente: l’incantesimo non si sarebbe mai spezzato se il serpente non avesse ottenuto la mano di una fanciulla di sangue reale. Gli uccelli dicono anche che c’era riuscito, ma quando aveva appena lasciato la pelle di serpente il re e la regina l’hanno bruciata, allora lui si è trasformato in colomba, e fuggendo da una vetrata si è ferito tanto gravemente che sta per morire”.
Se c’era un modo per guarirlo
Sentendo che si parlava proprio della sua storia e della sua disgrazia, la principessa domandò chi era questo principe, e se c’era un modo per guarirlo. La volpe rispose che si trattava di Sauro, unico figlio del re di Belcolle. Quanto al rimedio, gli uccelli dicevano di sì, che c’era: l’unico farmaco capace di far chiudere le ferite dalle quali la vita se ne stava volando via era proprio il sangue degli uccelli che raccontavano la storia.
La principessa allora chiese alla volpe di acchiappare quegli uccelli per mettere il loro sangue in una ampollina, così sarebbero andate insieme dal re di Belcolle e curando il principe avrebbero avuto una bella ricompensa, che avrebbero diviso a metà da buone amiche. “Piano,” disse la volpe, “aspettiamo che scenda la notte, e appena gli uccelli si addormentano ci penso io, salgo sull’albero e li acchiappo uno ad uno”.
Fonte: Antiche Fiabe Italiane