Ranarl cercò una chiave, aprì un cassetto della scrivania di suo padre e ne tolse un piccolo scrigno borchiato in ferro. “Questo è tuo.”
Carilla riconobbe subito il portagioie di sua madre. Lo aprì e ne tirò fuori una collana appesantita da preziose gemme. Anche di quella si ricordava bene; sua madre la portava nei giorni di festa. Con sorpresa vide che la collezione di gioielli sembrava intatta, e non riuscì a immaginare come fossero riusciti ad impedire che qualcuno li vendesse o li rubasse. Sul fondo dello scrigno c’era una piccola pergamena arrotolata, chiusa dal sigillo di ceralacca di suo padre, e anche, vide con stupore, l’anello col sigillo.
“E’ per te”, disse Ranarl.
“Non capisco.”
“Leggi.”
Carilla svolse la pergamena ingiallita. Seguendo le lettere con un dito le lesse a voce alta, lentamente. La lettura non era mai stata il suo forte, ma poteva cavarsela, quando c’era costretta.
“Hai capito cosa significa?” domandò Ranarl.
“Mi ha lasciato Snow Haven, se ho letto giusto”, mormorò lei. “Non capisco.”
“Non c’è nessun altro erede. E credo che fosse addolorato per ciò che è successo. Ha scritto questo documento in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità. Mara e io abbiamo cercato di rintracciarti, allora, ma non sapevamo neanche se eri ancora viva.”
“Come avete fatto a trovarmi?”
“Un giorno Mara è andata giù al villaggio per aiutare una partoriente, e ha scoperto che la levatrice era una libera amazzone. Una donna vestita come te, della quale si chiacchera molto, anche se non… uh…” Tacque, imbarazzato. “In ogni modo era una levatrice venuta dalla pianura e, libera amazzone o no, tutte le levatrici si conoscono. Noi sapevamo che tu dovevi essere andata a partorire giù in pianura, così Mara le ha parlato di te. Lei non ti conosceva, ma ha promesso che si sarebbe informata. C’è voluto del tempo, però un giorno dal villaggio ci hanno detto che era arrivata una lettera per noi. Era di quella donna. Aveva saputo che tu abitavi a Thendara, e ci mandava il tuo indirizzo. Ne siamo stati così felici!”
“E cosa vi faceva cedere che io sarei venuta?”
“Noi… lo speravamo. Io non sapevo cos’altro fare. E questa terra è tua. Per quanto ne so, non hai neppure parenti alla lontana che potrebbero reclamarla.”
Carilla sedette in poltrona, con la testa che le girava. Spesso si era chiesta dove sarebbe andata, e cosa avrebbe fatto quando fose stata troppo anziana per combattere. Da qualche tempo sentiva che quel giorno non era più molto lontano. Quanto aveva temuto il pensiero di diventare un peso per la Casa della Lega! Ma ora.. Lei e le altre avevano spesso parlato di acquistare della terra per mettere in piedi un allevamento di cavalli, anche se le terre fertili in genere venivano lasciate di padre in figlio, e i diritti di proprietà erano oggetto di accanite dispute tra i consanguinei più alla lontana. Lì sulle montagne però le cose erano diverse. Non c’erano i Comyn… anche se questo significava che valeva solo la legge della spada.
Le Rinunciatarie avrebbero avuto la forza di difendere Snow Haven? Si domandò Carilla. Dopo la morte di suo padre, probabilmente la tenuta sarebbe stata attaccata da ogni lato. In effetti era già un miracolo se Snow Haven era sopravvissuta per tanto tempo. La mente di Carilla era un vortice di pensieri. Lei aveva messo qualcosa da parte dopo tutti quegli anni di servizio, e con i gioielli di sua madre avrebbe potuto acquistare abbastanza attrezzi e materiale. In quanto all’aiuto di cui aveva bisogno… conosceva dozzine di donne che sarebbero state felici di mettere in piedi insieme con lei una nuova Casa della Lega. In quel posto isolato non ci sarebbe stato bisogno di chiedere continui permessi a nessuno. Era quasi troppo bello per essere vero.
Fonte: “Le Nevi di Darkover” a cura di Marion Zimmer Bradley
Una Vita Nuova -11-
di 29 Marzo 2011Commenta