La camera di suo padre era più piccola di quello che Carilla ricordava, ma ancora notevole, nonostante le ragnatele che pendevano dagli artistici stucchi sulle pareti. In effetti, sembrava che avesse un gran bisogno di essere pulita e ridipinta. Nell’aria si sentiva l’odore della vecchiaia e della malattia. Carilla trasse un lungo respiro, e quando entrò i suoi passi echeggiarono nel silenzio.
“Buongiorno, mia signora”, disse Ranarl, alzandosi. L’uomo si affrettò a venirle incontro e le rivolse un inchino. “Tuo padre è ansioso di vederti.” E sottovoce aggiunse: “Ho dato un bel po’ di biada al tuo cavallo. Tutto è a posto. E non preoccuparti se il vecchio non ti riconosce; a volte non riconosce neppure me”.
“E’ passato molto tempo”, mormorò Carilla. Al’improvviso si sentiva di nuovo una bambina. Le era sempre stato proibito entrare in quella camera senza permesso… e quando accadeva, ciò significava l’arrivo di una punizione di qualche genere. Il suo cuore perse un battito quando vide la figura rinsecchita quasi perduta nel grande letto. Sicuramente le mani ossute che giacevano chiuse a pugno sulle coperte non appartenevano al rude guerriero dalle spalle larghe che lei ricordava…
“Devi essere stanca, mia signora”, disse Ranarl. “Ti prego, siedi.” Le indicò una poltrona molto imbottita, accanto al letto. Carilla sedette con cautela, appollaiandosi rigidamente sul bordo. Suo padre restò in silenzio, a occhi chiusi, e lei non aprì bocca. Infine Ranarl disse: “Dovrò svegliarlo. A volte si addormenta a metà di una frase, mentre parliamo, perciò non sorprenderti”. Con un sorriso incoraggiante posò una mano su una spalla dell’uomo. “C’è qui una persona, venuta a farti visita… una persona che stavamo aspettando.”
Fonte: “Le Nevi di Darkover” a cura di Marion Zimmer Bradley
Una Vita Nuova -8-
di 28 Marzo 2011Commenta