Il fuoco era ancora acceso al centro del villaggio e invece a quell’ora avrebbe dovuto essere ridotto. Alle prime luci dell’alba forme e colori cominciavano ad uscire lentamente dal buio. Kulìa amava l’alba e ogni volta che si svegliava in tempo sgusciava fuori di casa a godersi lo spettacolo, prima he tutti gli altri cominciassero la giornata. Erano brevi momenti di solitudine e un brivido di freddo e di timore accompagnava quella piccola figa segreta. Ma quel giorno non era da sola, lo sentì prima di vederlo. Una presenza forte, autorevole era lì, a vegliare. Vide una forma accovacciata, china sul fuoco, raccolta su se stessa. Si avvicinò.
La nonna, la donna più anziana del villaggio, era sempre stata gentile con lei. Kulìa si avvicinò di più, la chiamò piano, si accovacciò a sua volta, gli occhi colmi di curiosità. A quell’ora e in quel luogo non aveva mai visto la nonna, e poi c’era un’aria strana.
L’anziana donna non si mosse e non la guardò, la chiamò per nome e la voce era bassa, roca.
Tutto era alla rovescia
La piccola Kulìa rimase in attesa, paziente. La nonna le avrebbe spiegato tutto, come faceva sempre. Ma Arauna, la nonna, non parlava e si stringeva la testa con le mani.
“Che c’è, nonna?” le sussurrò Kulìa.
“Ho il mal di testa” le rispose quella.
La ragazzina cercò con lo sguardo vicino al fuoco: non c’era acqua che bolliva, non c’era una tisana che fumava, non c’era segno che la nonna stesse curando il suo mal di testa; eppure curava i mali di tutti quanti con le sue erbe, e non si lamentava mai dei dolori propri.
“Non prepari un infuso”, a Kulìa sembrava strana tutta la situazione e cominciò ad allarmarsi un poco.
“Non esiste un infuso per questo mal di testa. E’ stato un sogno. Tutto era alla rovescia.”
La nonna sta per narrarmi una storia, pensò Kulìa. “Raccontami”.
Fonte: Sara Morace, “I racconti di domani”