Si aspettavano l’orrore e sentivano parole gentili. Le donne divennero più circospette. Progenitrici di una umanità che viveva alla rovescia? Di generazioni che avrebbero causato danni tremendi a sé e al mondo intero? Guardarono la Madre, che teneva gli occhi chiusi. La gatta si era nuovamente rilassata. Non abbiamo niente a che fare, pensarono, coi disastri di un altro tempo, siamo responsabili del nostro tempo, del nostro villaggio, della nostra isola. Cosa risponderà la Madree? Si cominciava male, molto male. Perché occuparsi di tutto ciò?
Silenzio. Nessuno parlò, né da lontano né da vicino. Irani sentiva l’inquietudine delle altre, che in parte era anche la propria, ma sapeva che dovevano andare oltre l’inquietudine, e sapeva più delle altre che la Madre le avrebbe guidate al di là della paura.
La donna di nome Marija taceva. Era evidente che il contatto non era stato interrotto. Quindi la donna aspettava. Buon segno, rispetta la Madre e non parlerà prima di ricevere una risposta.
“Donna che si chiama Marija, la nostra vita non è cambiata. Stai forse dicendo che cambierà? Stai prevedendo che cambierà? Tu sai che cambierà?” La voce della Madre era roca, tesa. Quella di Marija fu lieve, esitante. “Credo di sì, Madre.”
Madre? Quella donna aveva detto proprio ‘Madre’? Come osa? La ‘nostra’ madre non può essere la sua. Dove vive, di chi è figlia, a quale popolo appartiene? Niente sa di noi e si permette di parlarci come se fosse una visionaria. Lei ‘crede’! Come può ‘credere’ qualcosa di noi altre, di noi altri?
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
Il Viaggio della Conoscenza -4-
di 26 Aprile 2011Commenta