Qui Pippi fu costretta a riprender fiato, e la maestra, che incominciava a giudicarla una bambina piuttosto rumorosa e noiosa, propose alla classe di dedicarsi un po’ al disegno. Pensava che almeno così Pippi si sarebbe messa a sedere tranquillamente e si sarebbe applicata in silenzio al disegno. Tirò fuori carta e matite e le distribuì agli scolari.
“Disegnate quel che volete” disse, e si sedette in cattedra per correggere in pace i compiti. Quando dopo un po’ levò lo sguardo per vedere se, col disegno, le cose funzionavano meglio, si accorse che tutti i bambini si erano seduti intorno a Pippi che, distesa sul pavimento, disegnava con molta foga.
“Ma Pippi!” gridò la maestra spazientita. “Perché non disegni sulla carta?”
“Quella l’ho già utilizzata da molto tempo” rispose Pippi, “ma il mio cavallo tutto intero non ci sta su quel misero foglietto. Proprio ora sto facendogli le zampe davanti, ma quando arriverò alla coda credo che mi toccherà andare a disegnare in corridoio”.
La maestra fece appello alle sue ultime risorse. “E se invece ci mettessimo tutti a cantare?” propose.
Immediatamente i bambini si alzarono in piedi dietro ai loro banchi, tutti meno Pippi che rimaneva sempre distesa sul pavimento.
“Cantate pure voi” disse, “così potrò riposarmi un po’: l’eccessiva scienza può spezzare la fibra più resistente”.
Ma la maestra aveva esaurito le sue riserve di pazienza. Invitò tutti gli altri bambini ad andarsene a giocare in cortile, per poter parlare seriamente con Pippi a quattr’occhi.
Quando furono rimaste sole, Pippi si alzò e andò difilato alla cattedra.
“Sai, ti voglio dire una cosa, signorina” disse, “è stato davvero divertente vedere come ve la spassate qui. Ma direi che non mi interessa molto continuare. Sarà quel che sarà, per le vacanze di Natale. Qui avete veramente troppe mele, istrici e serpenti, ho una gran confusione in testa. Spero proprio, signorina, che questo non ti faccia troppo dispiacere”.
Fonte: Astrid Lindgren, “Pippi Calzelunghe”