Il sole si andava facendo troppo caldo, tornò indietro e si bagnò al ruscello dove ormai non si era fermato più nessuno. Si riavviò verso il villaggio fermandosi a raccogliere la giara che aveva postao al fresco, sotto un albero. Piena d’acqua. Kulìa portò il latte, la piccolina le verdure. Hussa non si sarebbe visto fino a pranzo. Irani si preparò per un sonnellino, con la piccola al suo fianco intenta ai suoi giochi. Kulìa uscì, libera da compiti, per vagabondare. Otto ciottoli, e la prossima domanda?
Risalendo il ruscello verso le montagne c’era una pozza abbastanza grande, circondata da alte canne. Era uno dei suoi posti preferiti nelle giornate calde. Si sedette contro il tronco di una salicella, i piedi nell’acqua, lo sguardo perso verso la riva opposta. In uno stato tra le veglia e il sonno sentì un forte battito d’ali. Alzò lo sguardo e vide un airone posarsi con un urlo stridente tra le canne e restare immobile, come un ramo, perfettamente mimetizzato. Se non lo avesse visto atterrare non avrebbe mai potuto sapere dov’era. Rimase immobile, rimandando il momento del piccolo pasto che aveva in tasca. Una grossa tartaruga scese da un sasso e si immerse nell’acqua. I minuti passavano, non seppe quanti, e una martora si avvicinò circospetta nell’acqua, con movimenti sinuosi e furtivi. Alzò il capo e vide l’airone immobile e diritto come un fuso. Erano vicinissimi, si guardarono, e poi si ignorarono. Kulìa era deliziata dai movimenti dei due animali e dalla noncuranza ostentata. Pensò all’eleganza delle donne del villaggio, a come si muovevano anche solo per svolgere un compito banale, anche se indossavano una semplice tunica senza decorazioni.
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
Una Giornata Normale -5-
di 28 Aprile 2011Commenta