Barbapapà (Barbapapa) è una serie a fumetti creata da Annette Tison e Talus Taylor, pubblicata in Francia nel 1970; Barbapapà è il nome del protagonista della serie, e per estensione di tutta la sua famiglia (Les barbapapas): il nome del protagonista deriva dall’espressione francese Barbe à papa, che significa “zucchero filato”. Dal fumetto è stata successivamente ricavata Barbapapà, una serie televisiva giapponese d’animazione, realizzata nel 1974 e uscita in Italia nel 1976.
Una nuova serie, Barbapapà in giro per il mondo, è stata realizzata nel 1999 dallo Studio Pierrot, noto in Italia soprattutto per le sue “maghette” (Creamy, Magica Emi) e dalla Kodansha. I 50 episodi di cinque minuti sono andati in onda in Italia su Rai Uno nel 2002.
Barbapapà ha anche influenzato la lingua italiana introducendo un neologismo assai diffuso: “barbatrucco”.
Il fumetto
Il fumetto di Barbapapà, considerato una delle prime opere portatrici di un messaggio ecologista, nacque dalla fantasia di due autori, l’architetto e designer francese Annette Tison e il professore di matematica e biologia americano Talus Taylor, marito e moglie, che all’epoca risiedevano a Parigi. La loro creazione – avvenuta piuttosto casualmente in un bistrò parigino – viene fatta risalire al 1969, ovvero sull’onda del maggio francese che scosse le coscienze giovanili di un’intera generazione.
Le serie a fumetti furono pubblicate dapprima in Francia e in seguito tradotte in tutto il mondo. La successiva serie animata (Baabapapa, di 150 episodi da 5 minuti ciascuno, suddivisi in tre stagioni) fu interamente realizzata in Giappone, frutto di una coproduzione tra la TV olandese Polyscope, la K&S e lo studio Top Craft, noto, tra le altre cose, per aver annoverato tra i suoi ranghi buona parte dello staff del futuro Studio Ghibli.
In Italia la serie fu trasmessa a partire dal 13 gennaio 1976 da Rai 2, diventando a tutti gli effetti il primo anime giapponese a sbarcare in tale paese.
La serie tv
Le prime avventure di Barbapapà e della sua famiglia sono narrate nel lungometraggio animato “Le avventure di Barbapapà“, del 1973, che raccoglie e riassume il contenuto dei primi quattro albi a fumetti pubblicati sino ad allora. Per quanto indirizzate ad un pubblico infantile, le vicende affrontano temi complessi come quelli della diversità e dell’ecologia.
Barbapapà – una sorta di grosso ed amichevole blob a forma di pera dal curioso colore rosa – nasce spuntando dal sottosuolo del giardino di una normale casa di provincia. L’arrivo di questo essere alto quanto la loro casa spaventa non poco gli adulti che vi risiedono. Tutt’altra reazione hanno invece i due bambini che vi abitano, Francesco e Carlotta (in originale “François” e “Claudine”), che diventeranno i primi amici di Barbapapà. Dal canto suo il curioso essere sarà per loro uno speciale compagno di giochi: caratteristica principale di Barbapapà è infatti quella di modellare a suo piacimento il proprio corpo, assumendo la forma della cosa o dell’animale più indicato per risolvere una situazione. La trasformazione è sempre accompagnata dalla frase che diventerà il vero e proprio tormentone della serie: “Resta di stucco: è un barbatrucco”.
Barbapapà all’inizio è un emarginato, vittima della diffidenza della società degli adulti, che spesso lo allontanano intimoriti dal suo aspetto inedito e dalle sue dimensioni colossali, anche se nel corso del tempo, la sua versatile peculiarità che gli permette le trasformazioni più disparate, si rivelerà essere preziosa per sbrogliare problemi, salvare vite umane, riacciuffare gli animali fuggiti da uno zoo e tanto altro ancora.
Guadagnatasi la fiducia del mondo in cui vive, il secondo grave problema che gli si prospetta è quello della solitudine: egli infatti è l’unico essere della sua specie che si conosca. Con l’aiuto degli inseparabili amici Francesco e Carlotta, Barbapapà parte per uno stralunato e poetico viaggio alla ricerca di una “Barbamamma”. Incastrato dentro una piccola roulotte trainata dalla bicicletta dei due amici, Barbapapà tocca i principali paesi del mondo. La ricerca si conclude felicemente proprio nella casa dei due bambini: dallo stesso giardino da cui un giorno è misteriosamente spuntato lui, nasce infatti anche la Barbamamma (in francese “Barbamama”), dalle forme più aggraziate, più “femminili”, di colore nero e con una vezzosa coroncina di fiori in testa.