Alla festa d’estate ci si dedicava soprattutto ai cesti, ai vasi, alla tessitura del lino selvatico, oltre che a ripulire e imbiancare la casa. La stagione era favorevole a quelle attività, mentre alla fine dell’estate ci si occupava dei frutti della mietitura e dei boschi, nella stagione più fredda alla spremitura delle olive, e con l’aumento delle ore di luce a tutto ciò che nasce e cresce. Alle attività legate alla natura e intese a procurare nutrimento e manufatti fondamentali alla vita erano strettamente collegate, tanto da confondersi l’una con l’altra, quelle rivolte ad assicurare agli umani il buon andamento dello svolgersi della vita comune e individuale: nascite, passaggi all’età adulta, salute, accudimento degli anziani, ritorni alla Dea.
Nele grandi sale venivano rappresentati i nuovi nati, i nuovi ingressi nell’età adulta, e narrati i nuovi ritorni alla Dea. Le guaritrici e i guaritori si scambiavano rimedi e ricevevano, agendo insieme, persone sofferenti per le quali non si era ancora trovata una cura. Ugualmente artigiane e artigiani si scambiavano nuuovi “segreti” acquisiti, nuovi attrezzi, nuove combinazioni di materiali.
Se erano sorte delle dispute tra abitanti di un villaggio o abitanti di villaggi diversi andavano composte prima di entrare nella Grande Casa: ci si affidava al giudizio delle anziane e degli anziani e a questo ci si rimetteva. L’inimicizia e la disarmonia non avevano accesso in quelle mura.
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
La festa d’estate -7-
di 25 Maggio 2011Commenta