Mediamente i bambini italiani smettono di essere allattati al seno all’età di nove, periodo nel quale i piccoli iniziano a nutrirsi con cibi più solidi. Lo svezzamento è una tappa importantissima per lo sviluppo del bambino, una transizione tra due tipi completamente diversi di alimentazione che se non viene fatto nel modo corretto può portare a delle conseguenze a lungo termine.
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Nello specifico, come dimostra una recente ricerca condotta da Nutrintake, con il coordinamento di Gianvincenzo Zuccotti, direttore della Clinica pediatrica L.Sacco di Milano, le mamme italiane tendono a considerare i bambini dei ‘giovani adulti‘ già dopo i primi nove mesi di vita e hanno la tendenza a dare loro gli stessi cibi del resto della famiglia.
Nulla di più sbagliato secondo i ricercatori, che mostrano, dopo aver analizzato le diete di un campione di oltre 400 bambini italiani dai 6 ai 36 mesi, a quali problemi porta una dieta non specifica per il bambino. Far mangiare al bambino di età inferiore ai 36 mesi gli stessi cibi che mangiano gli adulti porta a:
– eccesso di proteine: fino a 12 mesi la metà dei bambini ne assume il doppio rispetto al fabbisogno raccomandato; dopo l’anno di vita, il livello di proteine nella dieta dei bambini arriva anche a quasi tre volte rispetto al reale fabbisogno;
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– mancanza di ferro: dallo svezzamento in poi, esiste un consistente deficit di ferro per la maggior parte dei bambini sotto ai tre anni di vita;
– eccesso di sodio: le mamme italiane hanno l’abitudine di mettere il sale nelle pappe già prima dell’anno, a partire dai 18 mesi un bambino su due consuma una quantità di sale che va oltre il limite raccomandato;
– eccesso di zuccheri semplici: dai 12 mesi in poi le mamme tendono a allentare il controllo sulle quantità di zucchero.