Ricci di mare, chiocciole e lombrichi gli si muovevano attorno; grandissimi ragni che avevano sulla schiena una gran quantità di vermiciattoli vi passeggiavano sopra. Le oloturie blu, o come si chiamano quelle che mangiano con tutto il corpo, erano distese e annusavano quel nuovo animale posatosi sul fondo del mare. I rombi e i merluzzi si rigiravano nell’acqua per sentire notizie da tutte le parti. La stella di mare, che sta sempre nascosta tra la sabbia e tiene fuori solo due lunghi pedicelli con gli occhi in cima, stava ferma per vedere cosa sarebbe venuto da quel tubo.
Il cavo del telegrafo era immobile, ma aveva vita e pensieri; lo attraversavano i pensieri degli uomini.
«Quella cosa è furba!» disse la balena. «È capace di colpirmi allo stomaco, che è il mio punto debole!»
«Lasciamelo toccare prima!» disse il polipo. «Io ho braccia lunghe, ho dita agili: l’ho sfiorato, ora voglio tenerlo un po’ più stretto.»
Non ha scaglie
E così allungò il braccio agile, il più lungo, fino al cavo, avvolgendolo.
«Non ha scaglie!» disse. «Non ha pelle! Credo che non potrà mai mettere al mondo dei piccoli!»
L’anguilla di mare si sdraiò di fianco al cavo del telegrafo e si allungò più che potè.
«Questa cosa è molto più lunga di me!» esclamò. «Ma non è la lunghezza che conta, bisogna avere testa, stomaco e agilità.»
Sei un pesce o una pianta?
La balena, quella giovane e forte balena, scese sul fondo più di quanto avesse mai fatto.
«Sei un pesce o una pianta?» chiese. «O sei solo un oggetto che viene dall’alto e può adattarsi tra noi?»
Ma il cavo del telegrafo non rispose; non era previsto che parlasse in quel senso.
Lo attraversavano pensieri, i pensieri dell’uomo; risuonavano in un secondo a centinaia di miglia di distanza, da un paese all’altro.
Fiaba di Hans Christian Andersen