Il cancello era chiuso, ma lei rimosse il gancio arrugginito che si staccò, così la porta si aprì e lei corse a piedi nudi nel vasto mondo. Per tre volte si guardò indietro, ma nessuno la rincorreva; alla fine non potè più correre e sedette su una grande pietra, si guardò intorno, l’estate era passata, era già autunno inoltrato, ma non lo si notava nel bel giardino dove brillava sempre il sole e si trovavano i fiori di tutte le stagioni.
«Oh, Signore, come ho fatto tardi!» esclamò la piccola Gerda. «È già autunno: ora non posso neppure riposarmi!» e si alzò per ripartire.
Oh, come erano stanchi e doloranti i suoi piedini, e che freddo e che tristezza c’era tutt’intorno; le lunghe foglie dei salici erano tutte gialle, stillanti di brina; una foglia cadeva dopo l’altra, solo il susino aveva ancora i frutti, ma così amari che legavano i denti. Oh, com’era grigio e triste il vasto mondo!
Quarta storia. Il principe e la principessa
Gerda dovette riposarsi di nuovo; allora una grossa cornacchia saltellò sulla neve proprio davanti a lei; rimase seduta a lungo osservandola e scuotendo la testa, poi disse: «Cra, era! Buon dì, Buon dì!»; meglio non riuscì a dirlo, ma era ben disposta verso la fanciulla e le chiese come mai se ne andasse tutta sola nel vasto mondo. La parola: sola, Gerda la capì molto bene e sentì tutto quello che significava; così raccontò alla cornacchia tutta la sua vita e le chiese se non avesse visto Kay.
Mosse la testa pensierosa
La cornacchia mosse la testa pensierosa e disse: «Può essere! Può essere!».
«Lo credi?» gridò la piccola Gerda e si mise a baciarla con tale foga che quasi la stava uccidendo.
«Piano, piano!» disse la cornacchia. «Credo che possa essere il piccolo Kay, ma sicuramente ora ti ha dimenticato per la principessa!»
«Abita presso una principessa?» chiese Gerda.
«Sì, ascolta!» disse la cornacchia. «Ma io ho difficoltà a parlare la tua lingua; se tu capissi il linguaggio delle cornacchie, potrei raccontartelo meglio.»
«No, non l’ho imparato» esclamò Gerda «ma la nonna lo sapeva parlare, e sapeva anche il linguaggio dei neonati. Se solo l’avessi imparato anch’io!»
«Non importa!» disse la cornacchia «racconterò meglio che posso, ma certo mi verrà male» e così raccontò quello che sapeva.
Fiaba di Hans Christian Andersen