Seduta su uno scoglio, con le otto damigelle vestite di bianco, su otto scogli intorno, la figlia del Re suonava il violino. E dalle onde venne su la Fata. “Come suona bene!” le disse. “Suoni, suoni che mi piace tanto!” La figlia del Re le disse: “Sì che suono, basta che lei mi regali quel fiore che porta in testa, perché io vado matta per i fiori.”
“Glielo darò se lei è capace d’ andarlo a prendere dove lo butto.”
“E io ci andrò”, e si mise a suonare e cantare. Quando ebbe finito, disse: “Adesso mi dia il fiore.”
“Eccolo”, disse la Fata e lo buttò in mare, più lontano che poteva.
La Principessa lo vide galleggiare tra le onde, si tuffò e si mise a nuotare. “Padroncina, padroncina! Aiuto, aiuto!” gridarono le otto damigelle ritte sugli scogli coi veli bianchi al vento. Ma la Principessa nuotava, nuotava, scompariva tra le onde e tornava a galla, e già dubitava di poter raggiungere il fiore quando un’ondata glielo portò proprio in mano.
In quel momento sentì una voce sotto di lei che diceva: “Mi hai ridato la vita e sarai la mia sposa. Ora non aver paura: sono sotto di te e ti trasporterò io a riva. Ma non dire niente a nessuno, neanche a tuo padre. Io devo andare ad avvertire i miei genitori ed entro ventiquattr’ore verrò a chiedere la tua mano.”
Si sente un rullo di tamburi
“Sì, sì, ho capito”, lei gli rispose, soltanto, perché non aveva più fiato, mentre il granchio sott’acqua la trasportava verso riva.
Così, tornata a casa, la Principessa disse al Re che s’ era tanto divertita, e nient’altro.
L’indomani alle tre, si sente un rullo di tamburi, uno squillo di trombe, uno scalpitio di cavalli: si presenta un maggiordomo a dire che il figlio del suo Re domanda udienza.
Il Principe fece al Re regolare domanda della mano della Principessa e poi raccontò tutta la storia. Il Re ci restò un po’ male perché era all’oscuro di tutto; chiamò la figlia e questa arrivò correndo e si buttò nelle braccia del Principe: “Questo è il mio sposo, questo è il mio sposo!” e il Re capì che non c’ era altro da fare che combinare le nozze al più presto. FINE
Fonte: Italo Calvino, Fiabe italiane