Passarono quella giornata parlando della bellezza del principe Sauro, della sciagura provocata dai genitori della sposa, delle magie, dei patimenti e degli incantesimi, poi venne la sera, e poi la notte. Allora la volpe, controllando che gli uccelli si fossero addormentati sui rami, salì quatta quatta e li catturò uno dopo l’altro, li ammazzarono e riempirono col loro sangue un’ampollina che la principessa aveva portato con sé. Al mattino si misero in cammino, e la principessa non stava in sé dalla gioia, ma la volpe disse “Il tuo bel progetto non lo realizzerai, perché ti manca l’ingrediente fondamentale, perché al sangue degli uccelli bisognerebbe aggiungere il mio!”, e scappò. La principessa passò dalla gioia alla tristezza, ma non si arrese, pensò che nessuna volpe poteva impedirle di guarire il suo principe e cominciò a blandirla di lontano con queste parole: “Volpe, volpina mia, avresti ragione a fuggire se io non ti volessi bene, ma tu sei tanto cara e io non potrei mai farti del male, faremo a meno di guarire questo principe, ma continuiamo a viaggiare insieme e chissà quante belle avventure potranno capitarci… vieni, torna da me, stai sicura che non ti faccio nulla, vieni…”
Avevano fatto pochi passi
Tanto disse e tanto chiamò che la volpe, che si credeva più furba di tutti, tornò indietro. Avevano fatto pochi passi quando la principessa afferrando un bastone glielo picchiò sulla testa, e la volpe cascò in terra. La principessa le fece uscire appena un pochino di sangue raccogliendolo nell’ampollina, e corse nella capitale del reame di Belcolle. Si coprì il capo con un velo e bussò alle porte del palazzo, poi chiese a una guardia di avvertire il re che era arrivato chi poteva guarire il principe. Il re scese di corsa e quando vide una fanciulla rimase meravigliato e le chiese come pensava di poter riuscire dove i migliori medici avevano fallito. Colombina rispose: “Ho i miei segreti, maestà, ma voglio che mi promettiate che se riuscirò a guarire vostro figlio lo concederete a me come sposo”. Il re, che aveva già cominciato a piangere la morte del figlio, le disse: “Se tu me lo rendi bello e guarito, guarito e bello io te lo farò sposare, perché se tu mi darai un figlio io ti darò un marito”.
Medicò le sue ferite
Salirono insieme nella camera dove il principe giaceva sul letto con gli occhi chiusi, già pallido come un cadavere, e Colombina senza perdere tempo medicò le sue ferite con il sangue dell’ampollina. Allora Sauro aprì gli occhi, sentì che il calore della vita tornava a scorrergli nelle vene e si alzò perfettamente guarito. Il re lo abbracciò piangendo di gioia, poi indicò la fanciulla che era in un angolo della camera, nell’ombra, e gli disse : “Figlio mio, sembravi morto e ora sei vivo per merito suo. In cambio della tua guarigione, le ho promesso che le avresti dato la fede nuziale. Non mi pare troppo per chi ti ha ridato la vita.”
Vorrei tanto accontentarti
“Caro padre mio,” rispose il principe, “vorrei tanto accontentarti, ma tu hai promesso qualcosa che non ho più: ho già dato la mia fede a una principessa che amo e spero che la fanciulla che mi ha salvato non vorrà farmi tradire la mia sposa”. Colombina, sentendo quanto il principe Sauro teneva a lei, sentì una gioia immensa, e arrossendo gli chiese: “Se facessi in modo che questa tua sposa rinunciasse e mi lasciasse il suo posto accanto a te, vorresti allora essere mio?”
Aprì le finestre
“Mai potrò cancellare,” rispose Sauro,”la bella immagine che ho nel cuore, e preferirei morire piuttosto che rinunciare a Colombina!”. La principessa non resisteva più: aprì le finestre che erano socchiuse, si levò il velo e si fece riconoscere. Il principe Sauro pieno di meraviglia la strinse a sé, poi con una grande felicità raccontarono al re tutto quello che era successo e quanto avevano sofferto.
Quello stesso giorno mandarono a chiamare il re e la regina di Castelvetro insieme alla contadina e all’ortolano che avevano curato il serpente come un figlio, e quando si riunirono la gioia fece dimenticare a tutti le pene passate.FINE
Fonte: Antiche Fiabe Italiane