Ser Audie tornò nella stanza dove attendeva re Pendragon e gli disse: “Sire, vi ho obbedito.”
“Sir Audie, Dio mi perdoni e salvi la regina mia moglie! Ho consegnato a quell’uomo il mio figlio maschio.”
“Dio vi perdonerà, sire, se l’avete fatto per un buon motivo.”
Corrucciato Pendragon rispose: “Vi dirò dunque il motivo, ma lasciate prima che spenga questa candela, perché non oso parlare alla luce!”
Il re soffiò sull’unica candela che ardeva nella stanza, e quando fu caduto il buio riprese: “Quando combatteco per sottomettere il duca di Cornovaglia, divenendo così signore di tutta la Britannia, io chiesi aiuto a quell’uomo che avete appena visto.”
“Mi è parso un mago, sire.”
“Sì, il più grande di tutti i maghi. Ebbene, in cambio del suo aiuto, quel mago mi fece promettere che gli avrei consegnato, non appena fosse nato, il mio primo figlio maschio. Promisi: Con il suo aiuto divenni re di Longres: ma, vedete, quell’uomo ha voluto ora che pagassi il mio debito e ha portato via il principe miio figlio, nato in questo giorno di tempesta. Ah, sir Audie, Dio mi salvi, e salvi la regina mia moglie! Soltanto lei, una vecchia nutrice, voi ed i sappiamo quello che è accaduto. Giurate che non lo direte a nessuno.”
Portandosi la destra sul cuore se Audie disse: “Sire, lo giuro.”
Re Pendragon allora s’inginocchiò, e si batté tre volte il petto, dicendo: “Mea culpa!” e recitò molte preghiere, chiedendo perdono a Dio.
Fonte: Mino Milani, “I Cavalieri della Tavola Rotonda”