Quella mezzaluna con le fossette impresse dalla micia attirava il suo sguardo, qualcosa mancava.
Prese un ciottolo, poi un latro. Nove ciottoli nelle nove fossette? Perché? E che cosa avrebbero significato? Domande, sempre domande. Le sembrava di non sapere fare altro che porsi domande e di non poterle rivolgere a nessuno. Non a sua madre, perlomeno. Non in quel momento.
E allora le venne in mente che se non poteva evitare di porsi delle domande poteva però provare a metterle in ordine, a scegliere quelle più importanti e a trovare chi fosse disposto ad ascoltarle. Tenne i ciottoli in mano e ne raccolse altri. La gatta aveva segnato un Nove? Nove le sembrò poco, ma decise che era preferibile accontentarsi. Del resto, chi avrebbe ascoltato nove domande importanti da una ragazza impaziente di ricevere altrettante risposte?
Un’onda si allungò fino a lambirla
Kulìa si disse che c’era chi, forse poteva farlo: la Madre, cioè sua nonna. Ma avrebbe voluto farlo? E soprattutto dove avrebbe trovato lei, Kulìa, il coraggio per chiederglielo? E poi magari la nonna le avrebbe semplicemente detto che era troppo piccola, che non era ancora una donna, e che non doveva occuparsi di cose più grandi di lei…
Ma, se mi si presentassero delle domande, così, senza che io decida, non vuole forse dire che sono pronta anche per le risposte? Ecco, un’altra domanda a cui non mi si darà risposta…
Si alzò il vento e Kulìa rimase immobile a guardare un’onda che si allungò fino a lambirla, cancellando la mezzaluna e le orme feline, bagnandole i piedi e l’orlo della tunica. Era ora di andare, di tornare al villaggio. Si mise i nove ciottoli in tasca e cominciò a pensare alle domande da scegliere come se fosse già certa di poterle porre.
Fonte: Sara Morace, “I Racconti di Domani”