La Madre sospirò, la gatta cambiò posizione sul suo grembo, Irani questa volta distribuì una bevanda forte e amara, le donne si strinsero in modo che ciascuna sfiorasse l’altra e tutte fossero fisicamente in contatto. La Madre cominciò a cantare a bassa voce: della belleza della vita, dell’incanto del mattino, della magia della sera, del riso dei bambini, delle piante, dei pesci, della ricchezza della natura, della certezza dei suoi cicli, della dolcezza dell’amore, della fiducia nella Dea.
Le donne intorno a lei cantavano e si lasciavano andare al godimento di tutte le bellezze che la Madre evocava, costruendosi intorno una seconda pelle per affrontare l’orrore che si prospettava, e più la madre cantava la bellezza più erano consapevoli della durezza del compito che le aspettava e dei rischi ai quali la Madre si sarebbe esposta.
Il fuoco era meno intenso e non fu alimentato da nuova legna. Una sonnolenza lucida le pervadeva, il canto si fece sommesso e sincopato, le frasi ripetute all’infinito. La Madre entrò lentamente, prudentemente, in un sogno indistinto e le altre la seguirono.
“Torna a parlarmi, donna di un altro tempo, vogliamo sapere il come e il perché della vostra sofferenza per alleviarla ed evitarla, se possibile.”
L’aria crepitò come per un fulmine, i nervi si tesero e poi si rilassarono, una civetta gridò, la gatta si svegliò. Una voce lontana si udì nella capanna.
“Sono qui. Anche noi vogliamo sapere il come e il perché della vostra vita e come sia potuta cambiare così profondamente. Ti sono vicina, vi siamo vicine più di quanto crediate. Il mio nome è Marija. Siete le nostre amate progenitrici.”
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
Il Viaggio della Conoscenza -3-
di 26 Aprile 2011Commenta