Irani pensò agli artigiani del villaggio che inventavano attrezzi per scavare la terra, tagliare i rami, raccogliere l’acqua, pescare i pesci: sempre per il bene della gente e sempre ringraziando la Dea per il materiale raccolto, per i frutti della terra e del mare. Pensò alla Grande Casa dove con immenso amore si dava forma al pane, ai vasi e si tesseva il lino alla presenza benevola della Dea e con la sua benedizione. Pensò agli strumenti con cui si cacciavano i piccoli animali, mai più di quelli che servivano per nutrirsi, mai troppo giovani. Le parve, ancora una volta, che quello che quelle donne dicevano fosse… impossibile.
“Per noi non è così” lo disse senza foga ma con convinzione.
“Lo so, sorella. Lo sappiamo. Abbiamo visto e toccato i vostri vasi, i vostri pesi per telaio, i vostri magnifici dipinti, la gioia delle vostre opere. Conserviamo un immenso numero di statuette della Dea. Abbiamo cominciato a comprenderne il linguaggio che è diffuso in molta parte della terra. Io ho dedicato tutta la mia vita a questo compito, Irani.”
“Pesi di telaio?”
“Sì, non gli interi telai, il legno non resiste per tanto tempo.”
“Voi vedete cose che noi abbiamo fatto? Gli oggetti che usiamo?”
“Quelli che resistono al tempo, Irani. Ma gli altri possiamo immaginarli, o vederli se li avete dipinti. O trovarne tracce nel terreno. O nelle grotte che frequentate, nei grandi edifici di pietra. In tanti, tanti modi. E un gran numero di oggetti è ancorada ritrovare: è sepolto nella terra, che li custodisce.”
“E tu dici che questa bellezza finirà? Che non è sufficiente perché le genti scelgano… bene?”
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
La Pianta della Vita -4-
di 13 Maggio 2011Commenta