Hussa lo incitava stando orgogliosamente in piedi accanto al fuoco: era evidente che lo aveva addestrato a lungo. Alla fine lo supplicarono di far smettere il cagnolino che li stava assordando con il suo abbaiare, ma a quello non lo aveva ancora addestrato. Capo voleva continuare e continuare. Dovette prenderlo in braccio e portarlo via in fretta, per farlo calmare lontano dal pubblico e dargli da mangiare per tenerlo occupato. A poco a poco la luna si avviava a tramontare, e la folla si assottigliava. Le persone, giovani e non, si allontanarono per cercare un po’ di intimità sotto gli alberi, al ruscello, nelle case. I più piccoli si erano già addormentati sul posto e furono portati ai loro giacigli, caldi di sonno come grosse e morbide focacce appena sfornate.
Le donne invitarono a seguirle i loro compagni abituali, se ne avevano, o fecero gentilmente nuove proposte o ne ricevettero, o si allontanarono con amiche-amanti, e così gli uomini. La notte era calda e profumata ma un venticello piacevole l’attraversava. Un buon momento per l’amore, che fossero carezze o passione sfrenata, sonno ristoratore o dormiveglia sussurrato, non c’era una regola.
Kulìa ricevette un piccolo regalo dal giovane Fulan, alcune deliziose conchiglie che erano state lungamente cercate e raccolte in una semplice collana che lei si mise al collo. Le parve bollente mentre l’allacciava.
Domani si stiracchiò e se ne andò nel folto sparendo in un attimo, come suo solito, non senza però attirare molti sguardi. I nuovi arrivati pensarono “questa gatta non c’era prima”, gli altri pensarono “quella gatta si è stabilita qui”, Irani pensò “Domani è venuta per ricordarci che dobbiamo pensare al domani”. Aranua pensò al domani: C’è sempre un domani.FINE
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
Notizie Portate dal Mare -7-
di 10 Maggio 2011Commenta