Le anziane coadiuvate dagli anziani erano coinvolte in moltissime opere durante la festa ma facevano frequenti pause nelle sale a loro riservate, riposando e chiaccherando. Le giovani e i giovani erano febbrilmente concentrati a imparare abilità, vogliosi di rendersi utili e di esprimersi. Le adulte e gli adulti presiedevano le opere più impegnative, e le prime si dividevano tra tessitura, modellazione dei vasi e incontri riservati delle donne che preparavano i grandi momenti comuni a tutta la gente, che si svolgevano alla sera.
Cestaie e cestai lavoravano all’aperto, all’ombra degli alberi, e avevano già scaricato i giunchi ed i rami raccolti lungo i ruscelli durante il viaggio: andavano lavorati subito, altrimenti avrebbero perso flessibilità seccandosi al forte calore del sole. Flessibilità, pensò Kulìa, mentre sfrondava i rami di salicella e li divideva per spessore e lunghezza, come stavano insegnando le maestre e i maestri. Flessibilità e trasformazione: il ramo rimane in certo modo vivo pur separato dall’albero, la sua forma cambia in molti modi, la sua stessa vita cambia, non metterà più foglie ma stretto ad altri rami formerà un cesto che verrà usato per contenere, trasportare, conservare, coprire. Reagirà all’umidità e alla secchezza dell’aria, e pur se non vi scorrerà più la linfa, che adesso mi sta appiccicando le mani, vi “scorrerà” la vita che con queste mani gli sto dando. Un frutto della natura che diventa opera mia. Opera mia e nostra, si corresse, rivolgendo lo sguardo al folto numero di persone che sotto gli alberi stavano sfrondando, tagliando e intrecciando. Osservando e imparando, osservando e insegnando, ridendo e chiaccherando, perché con le mani occupate si può contemporaneamente pensare e parlare.FINE
Fonte: Sara Morace, I Racconti di Domani
La festa d’estate -8-
di 25 Maggio 2011Commenta