«Il popolo giudicherà» dichiarò, e il popolo decise che fosse arsa tra le fiamme.
Dalle splendide sale del palazzo Elisa venne condotta in un carcere buio e umido, dove il vento sibilava tra le sbarre della finestra. Invece di seta e velluto le diedero i fasci di ortica che aveva raccolto, lì avrebbe potuto appoggiare il capo. E le tuniche ruvide e brucianti che aveva tessuto dovevano essere il suo materasso e le sue coperte. Non potevano darle niente di più caro! Lei ricominciò a lavorare e pregò il Signore. Dalla strada i monelli le rivolgevano ingiurie; non un’anima la confortava con una buona parola.
Verso sera un’ala di cigno sfiorò l’inferriata: era il più giovane dei fratelli che aveva ritrovato la sorellina; lei singhiozzò forte per la gioia, sebbene sapesse che quella sarebbe stata probabilmente l’ultima notte per lei; ma ormai il lavoro era quasi terminato e i suoi fratelli erano lì.
Giunse l’arcivescovo, per trascorrere con lei le ultime ore come aveva promesso al re, ma lei scosse la testa, e coi gesti e con gli occhi lo pregò di andarsene; quella notte Elisa doveva terminare il suo lavoro, altrimenti tutto sarebbe stato inutile, i dolori, le lacrime e le notti insonni. L’arcivescovo se ne andò pronunciando nuove cattiverie su di lei, ma la povera Elisa sapeva di essere innocente e continuò a lavorare.
I Cigni Selvatici -parte decima-
“Il dolore alle dita non è nulla in confronto al tormento del mio cuore!” pensava. “Devo tentare! Il buon Dio non mi abbandonerà!” Col cuore tremante, come stesse per compiere una cattiva azione, uscì in una notte di luna, in giardino, attraversò i grandi viali, passò per le strade deserte fino al cimitero. Vide sedute su una delle tombe più grandi un gruppo di lamie, streghe cattive che si strappavano i vestiti come volessero fare il bagno e poi scavavano con le lunghe dita magre nelle tombe più fresche, tirandone fuori i corpi e mangiandone la carne. Elisa dovette passare accanto a loro, che le lanciarono sguardi cattivi; ma lei recitò le sue preghiere, raccolse l’ortica infuocata e la portò al castello.
Un solo uomo l’aveva vista, l’arcivescovo, che stava sveglio quando gli altri dormivano. Aveva dunque avuto ragione a sospettare della regina: era una strega che aveva sedotto il re e tutto il popolo.
In confessione riferì al re quanto aveva visto e quel che sospettava; mentre egli pronunciava quelle cattiverie le immagini intagliate dei santi scossero la testa, come per dire: “Non è vero! Elisa è innocente!” ma l’arcivescovo interpretò il fatto in un altro modo, sostenne che i santi testimoniavano contro di lei e scuotevano la testa per i suoi peccati.
I Cigni Selvatici -parte nona-
Quando tramontò il sole apparve la splendida capitale, ricca di chiese e cupole. Il re condusse la fanciulla al castello, dove grandi fontane zampillavano negli alti saloni di marmo, dove le pareti e i soffitti erano splendidamente affrescati, ma Elisa non vedeva nulla e piangeva sconsolata. Senza opporsi, lasciò che le dame di corte la rivestissero di abiti regali, le intrecciassero perle nei capelli e le infilassero morbidi guanti sulle dita bruciate.
Così vestita, appariva di una bellezza insuperabile; tutta la corte le si inchinò con una riverenza molto profonda e il re la chiamò sua sposa, sebbene l’arcivescovo scuotesse il capo commentando che la bella fanciulla del bosco in realtà era certo una strega che aveva accecato gli occhi di tutti e sedotto il cuore del re.
Il re non lo ascoltò, fece suonare la musica, fece preparare le pietanze più prelibate e fece danzare intorno a lei le fanciulle più graziose. Elisa venne condotta attraverso giardini profumati e in saloni meravigliosi, ma sulle sue labbra non comparve mai un sorriso, e neppure nei suoi occhi; c’era posto solo per il dolore, per sempre!
Canzoni per bambini: a Mosca cieca
A mosca cieca
Testo originale e musica: tradizionale – Testo italiano: Caperdoni e A. Bertoni – cantata da Michael Burke
A mosca cieca noi
oggi si giocherà…
Facciam la conta e poi
vedrem di noi chi toccherà!
Aulì, aulì, ulè
stavolta tocca a me…
Gli occhi bendatemi,
in mezzo a voi in circolo! Ehi!
Ad occhi chiusi so
che Greta ha il nasino in su,
che Magda invece ha
la treccia che cade giù
E Gianfilippo ha tre
bottoni sul suo gilè…
So tutti riconoscerli
A ognuno so dir che é!
Yuppee!
Balbuzie: arriva una guida su internet rivolta agli insegnanti
Evitare di sbuffare quando un ragazzo si blocca nel parlare e non mettergli fretta; non completare le parole che non riesce a pronunciare; non trasformare le sue interrogazioni orali in compiti scritti. Sono solo alcuni dei consigli per gli insegnanti che si trovano alle prese con ragazzi che soffrono di balbuzie, contenuti in una guida distribuita gratuitamente su Internet. Il progetto di sensibilizzazione è dell’Associazione ‘Vivere senza balbuzie’ Onlus.
La guida – spiega una nota – fornisce numerose indicazioni utili, spunti didattici e suggerimenti per gli insegnanti, e analizza in maniera chiara e lineare i comportamenti che sono assolutamente da evitare. Tante anche le testimonianze presenti nella guida. Attraverso le parole di Tommaso, Barbara, Paola e di tutti gli altri ragazzi balbuzienti, si comprende un insegnamento profondo: in certi casi bisogna porsi in una situazione di ascolto e di astensione dal giudizio e lasciare che a prendere la parola siano proprio quelle persone che troppo spesso, a torto, sono ritenute incapaci di farlo e vengono relegate nel loro silenzio.
Botti di Capodanno, un pericolo per bambini e animali. Perché educare i bambini a non usare i petardi
Si possono già sentire in giro nelle città piccoli botti che anticipano il Natale e la fine dell’anno. Emanare un’ordinanza che vieti l’utilizzo di petardi e artifici pirotecnici di ogni genere su tutto il territorio comunale è la richiesta della Lega antivivisezione (Lav) ai sindaci di tutta Italia, affinché i festeggiamenti non si traducano in una tragedia per gli animali, oltre che per salvaguardare l’incolumità delle persone.
L’emanazione di un’ordinanza – quella proposta dalla Lav è scaricabile dal sito dell’associazione, evidenzia una nota – è un atto di responsabilità sia per tutelare l’incolumità pubblica, sia per evitare le conseguenze negative sugli animali domestici e la fauna selvatica. Il fragore dei botti, infatti, oltre a scatenare negli animali una naturale reazione di spavento, li porta frequentemente a perdere l’orientamento, esponendoli così al rischio di smarrimento e/o investimento.
I Cigni Selvatici -parte ottava-
Intanto sfiorò con l’ortica la mano di Elisa, e a quella sensazione di fuoco acceso Elisa si svegliò. Era già giorno e vicino al suo giaciglio c’era un’ortica, proprio come quella vista nel sogno. Allora s’inginocchiò, ringraziò il Signore e uscì dalla grotta per cominciare il suo lavoro.
Con le sue manine delicate colse quelle orribili ortiche che sembravano infuocate; grosse bolle le si formarono sulle mani e sulle braccia, ma lei soffriva volentieri se questo poteva salvare i suoi cari fratelli. Pestò ogni pianta di ortica con i piedini nudi e ne ricavò la verde fibra.
Quando il sole tramontò giunsero i fratelli che si spaventarono nel vederla così silenziosa; all’inizio credettero fosse un nuovo incantesimo della matrigna cattiva, ma quando videro le sue mani, capirono quel che lei stava facendo per la loro salvezza, e il più giovane dei fratelli pianse; dove cadevano le sue lacrime scompariva il dolore e sparivano le bolle brucianti.
Elisa trascorse tutta la notte al lavoro, perché non poteva trovare pace prima di aver salvato i cari fratelli; passò tutto il giorno dopo da sola, dato che i cigni s’erano allontanati, ma il tempo volò. Una tunica era già finita e ora iniziava la seconda.
Improvvisamente risuonarono i corni da caccia tra le montagne e lei si spaventò.
I Cigni selvatici -parte settima-
Il mare si frangeva contro lo scoglio e li spruzzava come se stesse piovendo; il cielo sembrava infuocato e i tuoni rimbombavano in continuità. Ma i fratelli si tenevano stretti e intonarono un salmo, con cui ritrovarono il coraggio.
All’alba l’aria era di nuovo calma e limpida, e non appena comparve il sole, i cigni e Elisa ripresero il volo. Il mare era ancora grosso, e guardando dall’alto, la spuma bianca sul mare verde scuro sembrava costituita da milioni di cigni che nuotavano nell’acqua.
Quando il sole fu più alto Elisa vide davanti a sé una montagna quasi sospesa nell’aria; tra le rocce luccicavano i ghiacciai e nel mezzo si innalzava un castello lungo miglia e miglia, cinto da arditi colonnati sovrapposti; boschi di palme e fiori meravigliosi, grandi come ruote di mulini, circondavano ondeggiando il castello.
Elisa chiese se quello era il paese dove dovevano arrivare, ma i cigni scossero il capo: quello che si vedeva era il bellissimo ma sempre mutevole castello di nuvole della Fata Morgana, e nessun uomo vi poteva entrare. Elisa lo osservò con attenzione; le montagne, i boschi e il castello stesso crollarono in un attimo e apparvero venti chiese superbe, tutte uguali tra loro, con alti campanili e finestre appuntite.
I Cigni Selvatici -parte sesta-
Per tutta la notte intrecciarono una rete con la corteccia flessibile del salice e dei giunchi pieghevoli, e la rete riuscì grande e robusta; Elisa vi si adagiò sopra e quando il sole sorse, i fratelli si trasformarono in cigni selvatici, afferrarono la rete con il loro becco e si sollevarono tra le nuvole con la cara sorellina che ancora dormiva. I raggi del sole le cadevano dritti sul capo, allora uno dei cigni volò proprio sopra di lei perché le sue ampie ali le facessero ombra.
Erano già lontani dalla riva quando Elisa si svegliò; credette di sognare ancora, tanto era strano venire trasportata sul mare, così in alto nel cielo. Al suo fianco si trovavano un ramoscello di belle bacche mature e un mazzetto di radici saporite; li aveva raccolti il più giovane dei fratelli, e lei gli sorrise riconoscente, poiché era proprio lui, l’aveva riconosciuto, che le volava sul capo per farle ombra con le ali.
Erano così in alto che la prima nave che videro sotto di loro sembrò un gabbiano bianco che galleggiasse sull’acqua.
Alle loro spalle sopraggiunse una nube grande quanto una montagna, dove Elisa vide proiettarsi la sua ombra e quella degli undici cigni; erano ombre gigantesche, in una visione meravigliosa, come non ne aveva viste mai, ma il sole continuava a salire nel cielo e la nuvola rimase indietro: l’immagine delle ombre piano piano svanì.
I Cigni Selvatici -parte quinta-
Non appena il sole scomparve nel mare, i cigni persero il loro manto di piume e apparvero undici bellissimi principi, i fratelli di Elisa! Lei mandò un grido perché, benché fossero cambiati molto, sentiva che erano loro; si precipitò nelle loro braccia chiamandoli per nome, e loro, riconoscendo la sorellina che si era fatta così grande e bella, si rallegrarono immensamente. Ridevano e piangevano, e subito si resero conto di quanto la matrigna fosse stata cattiva con loro.
«Noi fratelli» spiegò il più grande «voliamo come cigni finché è giorno; non appena il sole è calato, assumiamo le sembianze di uomini: per questo dobbiamo badare bene a avere un luogo per posare i piedi, quando è l’ora del tramonto. Infatti, se in quel momento stiamo ancora volando tra le nuvole, diventando uomini, precipiteremmo giù. Noi non abitiamo qui, c’è un altro paese altrettanto bello, dall’altra parte del mare; ma la strada per arrivare fin là è lunga, dobbiamo attraversare l’immenso mare e non c’è neppure un’isola su cui posarci e passare la notte, solamente un unico scoglio, molto piccolo, che affiora: soltanto stringendoci riusciamo a starci tutti e quando il mare è mosso, l’acqua ci spruzza, ma nonostante ciò ne ringraziamo Dio.