Il sale iodato in gravidanza è un vero concentrato di salute, che favorisce il corretto sviluppo neurologico del feto. Si tratta di un alimento oggi assai comune sulle tavole di tutti gli italiani, che le future mamme dovrebbero assumere fin dalle prime settimane di gravidanza, in quanto lo iodio è fondamentale per il giusto funzionamento della tiroide materna, e ovviamente e direttamente anche per il corretto sviluppo della tiroide fetale. Gli ormoni tiroidei sono fondamentali in quanto contribuiscono allo sviluppo celebrale del feto nelle prime settimane di concepimento.
alimentazione mamma
Mangiare pesce in gravidanza riduce l’ansia
L’alimentazione è un elemento importante per la nostra vita ed il nostro benessere fisico, tanto più per chi si trova in dolce attesa: ecco quindi che é importante prestare molta attenzione a ciò che mangiamo in quanto alcuni alimenti possono incidere positivamente o negativamente nella salute del feto. Una ricerca condotta da un gruppo di studiosi dell’Università di Bristol in Gran Bretagna e dall’Università Federale di Rio, pubblicata sulla rivista scientifica “PloS One”, dimostra come vi sia una correlazione tra l‘assunzione di pesce e lo stato di ansia della gestante. In sostanza se la futura mamma mangia pesce mentre è in attesa del proprio bambino, sarà meno soggetta a stati di ansia, con conseguente maggiore benessere anche per il bambino.
Acido folico in gravidanza: non serve più
Tutte le mamme o le future mamme lo sanno: in gravidanza un must è l’assunzione quotidiana di acido folico, un integratore che viene generalmente assunto sotto forma di pillole per evitare il rischio di dare alla luce un bimbo affetto da spina bifida. Ora sembra non servire più, almeno negli Stati Uniti… è dal 1998, infatti, che il governo americano ha varato una disposizione secondo la quale tutti i prodotti a base di cereali venissero arricchiti di acido folico della vitamina B per aiutare a prevenire i difetti genetici di questo tipo. Da uno studio risulta ora che le donne non avrebbero più necessità di assumere ulteriormente acido folico in gravidanza anche sotto forma di pillole.
Tracce di pesticidi ed erbicidi da Ogm nei feti di donne incinte nel Canada
Tracce di pesticidi ed erbicidi associati alla coltivazione di Ogm sono state riscontrate in un campione di donne incinte e nei loro feti, oggetto di uno studio dell’Università di Sherbrooke, in Canada. La ricerca – pubblicata sulla rivista ‘Reproductive Toxicology’ e segnalata dalla Fondazione diritti Genetici – è stata condotta su 69 donne, di cui 30 incinte, di cui sono stati misurati i livelli ematici degli erbicidi a base di glifosato e glufosinato, e della proteina insetticida Cry1Ab prodotta dai geni del batterio del suolo Bacillus thuringiensis (Bt). Dalle analisi del sangue è emersa la presenza di metaboliti di glufosinato nel 100% delle donne incinte e dei campioni di cordone ombelicale, mentre la tossina Cry1Ab è stata riscontrata nel 93% delle donne incinte e nell’80% del cordone ombelicale esaminato.
La dieta della futura mamma può alterare il dna del nascituro
Se un bimbo alle elementari è troppo grasso la colpa è della mamma, o meglio delle abitudini che aveva ai tempi della gravidanza. La dieta seguita da una donna in attesa può, infatti, alterare il Dna del suo bambino e aumentare il rischio che, anni dopo, soffra di obesità. E’ quanto emerge da uno studio internazionale coordinato dall’University of Southampton (Gb), che sarà pubblicato su ‘Diabetes’.
Gli effetti dei carboidrati sul feto
Nel mirino dei ricercatori, l’effetto di un menù materno ricco di carboidrati sul Dna del feto. L’indagine mostra che i bambini con queste alterazioni genetiche sono più grassi. Insomma, il vecchio adagio che consigliava alle mamme in attesa di ‘mangiare per due’ sembra proprio controproducente per la salute e la linea di madre e figlio. In pratica, è come se il piccolo utilizzasse le indicazioni che gli arrivano dalla dieta materna per prevedere in che tipo di ambiente si troverà a vivere, adattando in questo senso il suo Dna.
Studi sulla salute: se la mamma è obesa, la figlia potrebbe avere problemi di fertilità
L’obesità delle mamme in gravidanza potrebbe influire sulla futura fertilità delle figlie. Il rischio è stato accertato nei topi, ma conseguenze simili sono ipotizzabili anche nell’uomo, indica uno studio dell’università statunitense di Yale, coordinato dal ginecologo Hugh Taylor che sarà pubblicato su Endocrinology di aprile.
Lo studio
I ricercatori hanno constatato che i topi femmine che avevano subito, mentre erano nell’utero materno, una carenza di grelina (ormone della sazietà) erano meno fertili e mettevano al mondo topolini di basso peso.
Il deficit di grelina rilevato nella prima generazione di roditori è associato all’obesità. E ciò lascia supporre che l’obesità materna influisca sulla fertilità delle femmine generate.
Fertilità: il ruolo degli aminoacidi nella dieta
Pensando a un organo importante per la fertilità, in genere non si indica certo il fegato. Eppure uno studio tutto italiano, pubblicato su ‘Cell Metabolism’ da un gruppo di studio coordinato da Adriana Maggi, direttore del Centro di eccellenza sulle malattie neurodegenerative dell’Università degli Studi di Milano, non solo sancisce la rilevanza fisiologica del recettore degli estrogeni nel fegato, ma dimostra che gli aminoacidi presenti nella dieta agiscono direttamente sul questo recettore, attivandolo. E svolgono quindi una funzione molto importante per la fertilità.
Il fegato e la fertilità
Da tempo si sapeva che il recettore degli estrogeni era espresso nel fegato, ma nessuno fino ad oggi aveva studiato a fondo il ruolo di questa molecola. Il gruppo della Statale milanese ha lavorato su un modello animale nel quale l’attività del recettore degli estrogeni poteva essere analizzata con metodi di immagine non invasivi nell’animale vivente. Da subito il modello ha indicato che il recettore degli estrogeni nel fegato si dimostrava più attivo che in qualsiasi altro organo, inclusi gli organi direttamente legati alla riproduzione.
Difetti del feto: il ruolo dell’acido folico
Spina bifida, anencefalia, encefalocele. Sono i principali difetti congeniti del tubo neurale, che si possono formare nel feto durante i primi 28 giorni dopo il concepimento: in Italia l’incidenza è di un caso ogni 1.000 gravidanze. Lo ‘scudo’ più efficace contro questi gravi problemi è l’acido folico (o vitamina B9), di cui è consigliata alle donne in età fertile l’assunzione nelle giuste quantità, 400 microgrammi al giorno, anche prima di rimanere incinta, proprio per la precocità con cui si presentano le malformazioni. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, per assicurare un’assunzione adeguata di acido folico a tutta la popolazione, non solo alle donne che desiderano un bambino, vige l’obbligo di fortificazione delle farine con questa sostanza. Tale integrazione non esiste in Italia, dove sono presenti sul mercato solo alcuni prodotti ‘arricchiti’ in vitamina B9, tra cui cereali da colazione, succhi di frutta e latte speciale Uht. Esperti americani e italiani si sono dati appuntamento al meeting ‘Folic Acid: State of the Art’ all’università Campus Biomedico di Roma, per confrontarsi sull’argomento.
Alimentazione: siamo la somma di ciò che mangiarono i nostri nonni e genitori
Non siamo solo ciò che mangiamo, ma anche ciò che i nostri genitori hanno messo in tavola nella loro vita. E’ in estrema sintesi quanto ha rilevato su modello animale uno studio dell’università del Massachusetts (Usa), pubblicato sulla rivista ‘Cell’. In pratica, gli esperti hanno dimostrato che i topi nati da padri nutriti con una dieta a basso contenuto di proteine mostrano modificazioni distinte e riproducibili nelle attività di geni chiave del metabolismo nel fegato. Il tutto nonostante i piccoli topolini non avessero mai trascorso del tempo in compagnia del padre o della madre, suggerendo così che queste ‘informazioni nutrizionali’ vengono trasmesse biologicamente alla generazione successiva e non attraverso una sorta di influenza sociale.
La dieta della madre influenza le abitudini alimentari del figlio
Alcune ricerche hanno messo in evidenza che le abitudini alimentari delle madri influenzano quelle dei bambini, se la madre non consuma molta frutta e verdura anche il figlio tenderà a consumarne poca o niente.
La professoressa Mildred Horodynsky del “College of Nursing” della Michigan State University ha preso in esame circa quattrocento donne con reddito basso e i loro bambini di un età compresa tra uno e tre anni, iscritti ai programmi “Early Head Start”.
I risultati hanno dimostrato che i bambini non erano propensi a consumare frutta e verdura quattro volte o più a settimana se le loro madri non ne consumano pari quantità. I bambini, vedendo le madri mangiare poca frutta e verdura, non erano stimolati a provare nuovi sapori e mangiare frutta e verdura tanto erano poco abituati al sapore.
“Cosa e come mangiano le madri influenzano in modo diretto la dieta dei loro bambini” ha detto la professoressa Horodynski, “Gli operatori sanitari devono tenerlo in considerazione quando progettano delle strategie per stimolare il consumo di cibi sani nei bambini. Una dieta a scarso contenuto di frutta e verdura anche in età precoce può aumentare i rischi di contrarre malattie croniche in età avanzata.”