Una Nuova Vita -6-

 Ma non c’erano posti dove lei potesse ‘stargli fuori dai piedi’. Ovunque fosse, qualunque cosa stesse facendo, ogni volta che Felix la trovava da sola si divertiva a torturarla. Anche il giorno in cui aveva usato il gatto di lei come bersaglio per il tiro con l’arco, il padre di Carilla aveva riso, dicendo: “Bé, per fare pratica dovrà pure tirare contro qualcosa, no? Nel granaio devono esserci cinquanta gatti. Cercatene un altro”.
Era stato Felix, assieme alla banda di perdigiorno che si tirava dietro, il responsabile del ‘guaio’ che aveva messo fine così bruscamente alla sua infanzia. Nonostante ogni precauzione Carilla era stata sorpresa da loro nel granaio, una sera, e trascinata nel fienile. Lei aveva pregato gli Dei di farla morire, o almeno di non restare incinta; le sue suppliche non avevano avuto risosta. Disperata, aveva provato ogni espediente a lei noto per abortire, dagli infusi di erbe, agli sforzi fisici più stressanti.

Una Nuova Vita -5-

 Fu Ranarl ad aprirle il cancello. Era molto invecchiato, ma conservava ancora la poderosa struttura fisica che ai suoi tempi l’aveva aiutato a diventare un campione di lotta. Prima che potesse fermarlo, lui s’inchinò profondamente. “Vai domna, vai domna! Sei qui finalmente! Non credevamo che saresti tornata davvero.”
“Non fare così. Alzati, via!” disse Carilla con una risata. “Non devi inchinarti a me, vecchio amico. E poi, come vedi, io non sono una dama.”
Sul volto rugoso dell’uomo si dipinse lo stupore quando si accorse dei suoi capelli grigi tagliati corti, e della malridotta uniforme militare che indossava. Il suo sguardo si fermò con aperta disapprovazione sulla spada appesa alla sua cintura. Infine domandò, perplesso: “Sì, vedo. Ma… chi avrebbe pensato una cosa simile? Spesso ci siamo chiesti cosa ne fosse stato di te”.

Una Nuova Vita -4-

 “Tante grazie, me la caverò da sola!” gridò di rimando Carilla. Poi scosse il capo, con un sospiro. La ragazza era giovane. Come avrebbe potuto farle capire? Le cose erano molto diverse quando lei aveva l’età di Lori. Gravida e sola, non aveva potuto far altro che unirsi come serva tuttofare all’esercito di un nobile di quella regione montagnosa. Per due anni aveva vissuto un’esistenza da incubo, trattata come una schiava. Il lavoro era opprimente, il cibo scarso e la crudeltà dei soldati insopportabile. Il bambino non era sopravvissuto alle difficoltà del parto, dopo un travaglio lungo e tormentoso, e per poco lei non gli era andata dietro. La sua costituzione robusta le aveva consentito di riprendersi, ma la levatrice l’aveva avvertita: nessun’altra gravidanza. Non si trattava di una prescrizione difficile da seguire, ne aveva avuto abbastanza degli uomini. Era stata le levatrice a parlarle della Rinunciatarie, ma prima che lei trovasse il modo di mettersi in contatto con loro era trascorso un altro anno.

Una Nuova Vita -3-

 La ragazza sbuffò, sprezzante. “Non farmi ronzare le orecchie con i discorsi di ‘quando avrò una certa età’. Dopo ciò che ti hanno fatto, al tuo posto io non rivolgerei mai più la parola a quella gente. E continuo a pensare che tu sia stata una dannata stupida a tornare qui.”
“Allora perché mi hai accompagnato?” replicò Carilla.
“Potevo forse lasciarti viaggiare su queste montagne da sola? Io sono la tua bredini giurata, dopotutto… oppure sono io il problema? Hai vergogna, è così?” la accusò Lori. “Non vuoi che la tua preziosa famiglia sappia che la tua amante è una donna… e per di più una contadina delle terre basse, una misera plebea. E’ vero? Dillo!”
“No! Questo non c’entra niente! E se tu non puoi capire, forse faresti meglio a tornare indietro!” esclamò lei seccata.

Una Nuova Vita -2-

 “Io… ho un sacco di pensieri per la testa. Forse non mi riconosceranno neppure”, disse Carilla sotto voce: Si guardò pensosamente le mani, segnate dalla fatica e dalle cicatrici. Non sarebbero piaciute alla snella ragazza dai capelli rossi che un tempo se le curava, con la crema di latte per mantenerle candide. Al suo posto c’era una guerriera indurita dalle battaglie che non pensava più a quelle cose, una spadaccina dagli ispidi capelli grigi, col naso rotto e una faccia che per decenni aveva preso colpi, nella mischia. Non era certo il tipo che un uomo guardava due volte, pensò con un sospiro. In effetti, quel pensiero non le passava per la mente da tanti anni che le parve strano averlo avuto adesso.
“Se vuoi saperlo, non capisco perché tu abbia voluto venire qui”, disse Lori in tono petulante.

Una Nuova Vita -1-

 L’aurora aveva appena scostato le scure tende della notte, quando Carilla tirò le redini di Mantogrigio. Il cavallo si fermò, sbuffando stancamente, e lei gli accarezzò con affetto il collo muscoloso. “Stai diventando vecchio, ragazzo mio”, disse. “Proprio come me.”
Più in basso, i lunghi pascoli di Snow Haven si perdevano nella nebbia, stretti ta i possenti contrafforti delle montagne stagliate sul chiarore rossastro del cielo. Era difficile credere che fossero trascorsi tanti anni da quando se ne era andata da casa. Il ricordo della notte piovosa in cui era partita, chiedendosi cosa sarebbe stato di lei, restava nitido nella sua memoria. E tuttavia il tempo era passato, lasciando duri segni su di lei così com’era cambiata Snow Haven. Anche da lì poteva vedere che la fattoria stava andando in rovina.

Il marchio della lupa -13-

 Prese tra le mani il viso del ragazzo. “Principe Duer”, lui accennò di sì, e le lacrime presero a scorrergli sul viso. “Re Duer del Corsac, io, Megarin del Branco della Lupa, ho giurato di servirti e proteggerti: Ricordi quando eri un bambino piccolo e qualche volta venivi a giocare a Wolfhaven? Ti ricordi come ti erano amici i lupi? Persino il selvaggio branco della foresta ora è al tuo servizio. Abbi fiducia in loro. Resta con loro. Presto da Wolfhaven verrà qualcuno per stare con te. Tu sarai re, Duer. Te lo prometto.
Quando abbracciò il ragazzo, lui la strinse forte. Lei gli accarezzò la testa e la schiena, aspettando che i suoi singhiozzi incontrollati cancellassero anni di abusi e di dolore: Quando finalmente si addormentò, lei lo affidò alle cure delicate delle lupe e cominciò a correre verso Wolfhaven.

Pippi gioca a prendersi con la polizia -4-

 I poliziotti erano già rimasti con un palmo di naso quando Pippi si era tuuffata; figuratevi poi come rimasero quando, dopo aver rifatto il cammino percorso, sempre bilanciandosi penosamente sulla cresta del tetto, si accorsero che la scala era scomparsa! Divennero furibondi, e urlarono a Pippi, la quale stava da basso e li guardava, che si decidesse immediatamente a rimettere la scala, altrimenti ne avrebbe viste di peggio.
“Ma perché i arrabbiate così?” chiese Pippi in tono di rimprovero. “Stiamo giocando a prenderci, no? Siamo amici!”
I poliziotti confabularono per un istante tra loro, e infine uno disse, piuttosto imbarazzato: “Senti un po’, vorresti essere tanto cortese da rimetterci la scala, che si possa scendere?”
“Ma certo!” rispose Pippi, e subito la rimise.

Pippi gioca a prendersi con la polizia -3-

 “Del resto, sono stata a Lisbona col mio papà” aggiunse, continuando a spostarsi con la testa in giù e le gambe in su, perché, tanto, riusciva benissimo a discutere anche così.
A questo punto però uno dei due poliziotti disse che “poche storie!”, Pippi non doveva credere di poter fare tutto quello che voleva: doveva seguirli alla Casa del Bambino. E, avvicinatosi a Pippi, la prese per un braccio. Ma lei si liberò con sveltezza e, dandogli un colpettino sulla spalla, disse: “Preso!” Prima che il poliziotto battesse ciglio, lei era saltata sulla ringhiera della veranda e in due balzi aveva raggiunto il balcone del primo piano. Siccome i poliziotti non avevano proprio nessuna voglia di seguirla per la stessa via, si precipitarono in casa e per la scala salirono correndo al piano superiore; ma quando finalmente giunsero sul balcone, Pippi si trovava già a metà tetto e si arrampicava su per le tegole, quasi fosse il signor Nilsson. In un attimo fu in cima, e saltò agilmente sul comignolo.

Pippi gioca a prendersi con la polizia-2-

 “Io sono già sistemata in una Casa del Bambino” disse Pippi.
“Come? E dire che era già tutto stabilito!” esclamò uno dei due poliziotti. “E dove sarebbe dunque quest’altra Casa del Bambino che dici tu?”
“Qui” rispose Pippi con fierezza. “Io sono una bambina, e questa è la mia casa: non si tratta dunque di una Casa del Bambino? E, quanto a sistemazione, vi assicuro che sono sistemata proprio comodamente!”
“Ma bimba mia” disse il poliziotto, e sorrise, “evidentemente non mi sono spiegato bene: tu devi entrare in una vera Casa del Bambino, e avere qualcuno che ti controlli”.
“Permettono di tenere i cavalli nella vostra Casa del Bambino?” chiese Pippi dubbiosa.
“Certo che no” rispose il poliziotto.

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