Pippi si trasferisce a Villa Villacolle -parte prima-

 Alla periferia della minuscola città, c’era un vecchio giardino in rovina. Nel giardino c’era una vecchia casa, e nella vecchia casa abitava Pippi Calzelunghe. Aveva nove anni e se ne stava lì sola soletta. Non aveva nè mammapapà, e in fin dei conti questo non era poi così terribile se si pensa che così nessuno poteva dirle di andare a dormire o propinarle l’olio di fegato di merluzzo quando invece lei avrebbe desiderato delle caramelle.
C’era stato, veramente, un tempo in cui Pippi aveva un papà al quale voleva un monte di bene, e naturalmente anche una mamma; ma erano passati tanti anni che di lei non riusciva a ricordarsi. La mamma infatti era morta quando Pippi era una bimba piccina piccina, che stava nella culla e strillava in maniera così raccapricciante che nessuno resisteva a rimanerle vicino. Pippi era convinta che la sua mamma se ne stesse ora seduta in cielo e guardasse la sua bambina col cannocchiale attraverso un piccolo foro, così Pippi aveva preso l’abitudine di fare un cenno di saluto verso l’alto dicendo: “Non stare in pensiero per me! Io me la cavo sempre!” Ma suo padre, Pippi non se l’era scordato.

La Dea Diana e il Re del Bosco -parte seconda-

 Diana era anche la Signora della Luna e proteggeva le fattorie e la semina con la forza delle fasi lunari e garantiva un raccolto sano e abbondante ed era la protettrice delle partorienti sia umane che animali, e anche sotto questo aspetto assicurava fertilità e nutrimento alla Terra e agli esseri umani e agli animali tutti.
Nel sacro bosco di Nemi il compagno della Dea Diana non veniva chiamato Silvano, ma Viribio ed aveva il titolo di Re del Sacro Bosco di Nemi.
Diana e Viribio si univano ogni anno in un nodo d’amore nel sacro bosco di Nemi, dopo essersi corteggiati a lungo in quei luoghi selvaggi, e si univano nell’estasi d’amore non al riparo delle mura del santuario della Dea, ma tra gli alberi, in una radura del bosco illuminata dalla luna piena.
L’unione di Diana e di Viribio avveniva in un giorno preciso dell’anno, quando il sole tornava a scaldare la terra, e le notti erano più tiepide e annunciavano l’arrivo dell’estate.

Il Mito Olimpico della Creazione

 Molto prima della nascita di Gesù e molto prima dell’arrivo del Dio padre come unico dio, in una terra che oggi si chiama Europa, in un paese che oggi si chiama Grecia, degli esseri umani chiamati Apollodoro, Omero e Apollonio Rodio, narravano a bambini, ragazzi e adulti, la storia di come era nato il mondo.
All’inizio di tutte le cose la Madre Terra emerse dal caos e generò suo figlio Urano.
Urano andò a vivere sulle montagne e da lì guardava la Dea e un giorno in lui nacque l’amore, un amore forte e profondo che lo spinse a far piovere e la pioggia da lui prodotta bagnò la Madre Terra e penetrò in lei, anche negli anfratti più remoti. E la pioggia bagnò a lungo la Madre Terra e formò i fiumi, i laghi e gli oceani e tutti i bacini d’acqua, e generò l’erba, gli alberi, i fiori, ma anche gli animali che camminano sulla Terra e quelli che nuotano nei mari e nei fiumi e nei laghi, e gli uccelli che volano nel cielo.

Il Mito Orfico della Creazione

 In un tempo lontano, dopo i Pelasgi, il mito della creazione del mondo fu così raccontato in quella terra che oggi si chiama Europa.
Tanto tempo fa, all’inizio di tutte le cose, esisteva solo la Notte dalle Ali Nere, una bellissima Dea che viveva sola nell’oscurità. La Notte dalle Ali Nere era da prima di tutto, ed è ancora oggi ed è saggia e autorevole che anche Zeus si inchina al suo cospetto e le porta rispetto.
La Notte dalle Ali Nere danzava nell’oscurità e danzava sola, decise allora di sollevare il velo della notte affinché la luce avesse il suo spazio e il giorno accompagnasse la notte.
La Notte dalle Ali Nere danzava e danzava, e nella sua danza gioiosa produsse il Vento, e il Vento si animò nutrito dalla gioia della Dea e la Notte dalle Ali Nere e Vento si innamorarono e si amarono e la Dea depose poi un uovo d’argento nel grembo dell’oscurità.
Dall’uovo d’argento protetto da Oscurità nacque Eros, che molti conoscono con il nome di Fanete, e si racconta che la nascita di Eros mise in moto l’universo.

Il Mito Pelasgico della Creazione

 In un tempo ormai quasi del tutto dimenticato dalle moltitudini degli esseri umani, in una terra che oggi chiamano Europa, all’inizio di tutto Eurinome, la Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos. Eurinome non trovò nulla attorno a lei, nulla tranne il cielo e l’acqua del mare che erano uniti in un abbraccio infinito. Non trovò nulla su cui poggiare i piedi.
Eurinome, la Dea di Tutte le Cose, fluttuava nuda nell’abbraccio di cielo e mare, fluttuava e fluttuava, ma dopo un po’ di tempo passato così, sospesa nell’unione di cielo e mare, si stancò e decise di creare qualcosa di solido dove poggiare i piedi e divise il mare dal cielo e il mare divenne acqua e il cielo divenne aria ed Eurinome poggiò i piedi sull’acqua e danzò sulle onde del mare.
Danzando in un’estasi di gioia infinita si diresse verso sud e lì incontrò Borea, il Vento del Nord, che si era formato dalla divisione di mare e cielo. Eurinome non lo aveva mai notato prima e fu subito attratta da lui perché era una novità ed era bello e sapeva danzare come solo il vento sa danzare, e decise di iniziare con lui l’opera della creazione.

Coloro che diedero forma alla Terra un racconto irlandese – parte sesta

 “E’ un pensiero vano, Angus il Giovane”, disse Ogma. “I pesci del Pozzo di Connla sono troppo luminosi per queste acque e i fiori e i frutti degli alberi argentei appassirebbero qui: Dobbiamo attendere e apprendere i segreti della Terra, e lentamente dare forma a questi strani alberi scuri e pescare dei pesci che non sono come quelli che peschiamo nel Pozzo di Connla.
“Sì”, disse Nuada, “ci adatteremo ai nuovi alberi, e sotto i loro rami correranno segugi diversi dal segugio di Failinis e cervi che non hanno corna d’oro. Diventeremo i fabbri e gli artigiani di questo mondo e daremo forma alla strana vita degli abissi modellandola in nuove forme. Daremo forma a delle isole per abitarle, a nord di questa e a ovest e le circonderemo con le tre onde di Mananaun e faremo e rifaremo tutto e daremo nuova forma a tutto, finché non ci sia più nulla di brutto sulla Terra”.

L’Isola Bianca, l’Isola del Destino: l’Irlanda
“Sarà un duro lavoro!” dissero i De Danaan, “resteremo qui e lo faremo, ma Brigit dovrà andare a Moy Mell, a Tir-na-Moe, a Tir-na-nOg e a Tir-fo-Ton e in tutti gli altri mondi perché lei è la fiamma della Vita e del Piacere in ognuno di essi”.

Coloro che diedero forma alla Terra, un racconto irlandese – parte quinta

 Mananaun roteò la Spada ancora una volta e il mare crebbe di nuovo in un’onda verde come crisolite, tra mormorii e dolci suoni, bordata di schiuma viola, blu e bianca. Per la terza volta Mananaun roteò la spada e il mare salì ancora per salutarlo con un onda trasparente come cristallo, intatta, continua, silente come l’alba.
L’onda tornò lentamente al mare e Brigit sollevò il mantello come fosse neve argentea, e i De Danaan videro tutto con chiarezza. Videro che erano su un’isola coperta d’erba verde con alture e forre e dirupi in grandi buche nel terreno, e sentieri tortuosi scavati profondamente nella terra. Videro moltissimi fiori nell’erba, fiori blu, viola, gialli, bianchi e rossi.

Restiamo qui
“Restiamo qui” dissero i De Danaan “e diamo forma a cose belle per compiacere la Terra”.

Coloro che diedero forma alla Terra, un racconto irlandese – parte quarta

 Brigit buttò giù il mantello e quando il mantello toccò la Terra, si allargò come una fiamma argentea sullo spazio che Midyir aveva aperto con la lancia e continuò ad allargarsi e i mostri si ritiravano dalla fiamma argentea e restavano ai margini. Il mantello si sarebbe esteso fino a ricoprire tutta la Terra se Angus, il più giovane dei De Danaan, avesse avuto la pazienza di aspettare, invece Angus saltò giù proprio sul mantello. La fiamma argentea allora si trasformò in una nebbia d’argento tutto intorno a lui.
Angus iniziò a correre ridendo nella nebbia e invitò gli altri a seguirlo, e loro lo seguirono attratti dalle sue risa e la nebbia argentea li avvolse ed in essa tutti videro loro stessi come in un sogno, cambiati e fantastici e risero.

Dammi ora un dono adatto alla Terra
Il Dagda infilò entrambe le mani nel Calderone dell’Abbondanza e disse: “O Calderone, tu che dai a ciascuno ciò di cui ha bisogno, dammi ora un dono adatto alla Terra”. Protese le mani colme di un fuoco verde e lo lanciò in tutte le direzioni come un contadino lancia i semi nel campo arato.

Le fiabe più belle: il vento fuori stagione

In un lontano paesino, viveva un vecchio mago egoista che aveva rubato il venticello di primavera per averlo solo per se’. In un giorno di pioggia, il mago usci’ a prendere il giornale e porto’ con se ‘ la sua borsa magica con dentro tutti i suoi segreti e le sue armi incantate. Dentro alla borsa aveva anche la scatola dove aveva rinchiuso la brezza profumata di fiori che soffia solo all’inizio della primavera. Mentre stava camminando, inciampo’ in un cagnolino che stava attraversando la strada. La borsa si apri’ e tutto si sparse sul marciapiede. Cadde anche la scatola con il vento, che si apri’ e fece scappare quello che c’era dentro. Purtroppo era il mese di ottobre e la brezza primaverile non sapeva dove andare.

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