Un giorno il topo di città andò a trovare il cugino di campagna. Questo cugino era di modi semplici e rozzi, ma amava molto l’amico di città e gli diede un cordiale benvenuto. Lardo e fagioli, pane e formaggio erano tutto ciò che poteva offrirgli, ma li offrì volentieri. Il topo di città torse il lungo naso e disse: “Non riesco a capire, caro cugino, come tu possa tirare innanzi con un cibo così misero ma certo, in campagna non ci si può aspettare di meglio. Vieni con me, ed io ti farò vedere come si vive. quando avrai trascorso una settimana in città, ti meraviglierai di aver potuto sopportare la vita in campagna!”
Detto fatto, i due topi si misero in cammino e arrivarono all’abitazione del topo di città a notte tarda.
“Desideri un rinfresco, dopo un viaggio così lungo?” domandò con cortesia il topo di città e condusse l’amico nella grande sala da pranzo. Qui trovarono i resti di un ricco banchetto e si misero subito a divorare dolci, marmellata e tutto quello che c’era di buono.
Ad un tratto udirono dei latrati. “Che cos’è questo?” chiese il topo di campagna. “Oh, sono soltanto i cani di casa” rispose l’altro.
racconti per ragazzi
La zanzara e il leone
C’era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all’insetto. “Oh! Buongiorno”, rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio. La zanzara disse: “Sire, sono giunta davanti a voi per lanciarvi una sfida!” Il leone, un po’ più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.
“Voi ” continuò l’insetto “credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!” Il Sovrano divertito disse: “Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!” In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d’ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. La singolar tenzone ebbe inizio. La zanzara andò immediatamente a posarsi sul largo naso del leone cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli.
L’asino selvatico e l’asino domestico
C’era una volta un simpatico asino selvatico che trascorreva le sue giornate in libertà, passeggiando per i campi e mangiando il cibo che trovava. Durante uno dei suoi giri quotidiani ebbe modo di vedere un suo simile, dall’aspetto sano e robusto, che brucava l’erba in un grande prato cintato da un’alta staccionata di legno. Esso, osservando l’animale domestico, pensò: “Che bella vita! Lui sì che sta bene: é spensierato, senza problemi e con il cibo a volontà”. In effetti l’altro asino sembrava proprio fortunato: gli venivano serviti due pasti abbondanti al giorno, riposava in una stalla bene attrezzata ed aveva un pascolo meraviglioso a sua disposizione.
L’asino selvatico, invece, doveva accontentarsi dei miseri sterpi che riusciva a trovare ai margini della strada, perché i prati ricoperti di erbetta fresca erano tutti privati. Ogni tanto, il povero asino appoggiava il muso sulla cima della staccionata e, guardando l’altro, lo invidiava da morire. Un giorno, però, il giovane asino, girovagando tranquillo, incontrò sulla via, un animale talmente sovraccarico di legna, sacchi di grano ed altro da non essere in grado di capire di che bestia si trattasse.
La volpe e il rovo
C’era una volta una graziosa volpe dal manto marrone e lucente che viveva in una piccola casetta in mezzo al bosco. Un bel mattino di primavera l’animale uscì dalla propria abitazione con l’intenzione di procurarsi una preda per il mezzogiorno.
Vagando per la brughiera fischiettando allegramente, la volpe attirò l’attenzione di un ingenuo leprottino il quale, incuriosito, le si avvicinò per osservarla meglio. L’astuta volpe non si lasciò sfuggire l’occasione e sorridendo al cucciolotto gli disse: “Buongiorno a te mio piccolo amico. Cosa fai tutto solo in questi boschi?” Il leprotto divenne improvvisamente diffidente di fronte a tutto quell’interessamento e, indietreggiando piano rispose: “Oh, niente, proprio niente. Anzi, adesso che ci penso, dovevo tornare a casa”.
Ma la volpe non aveva alcuna intenzione di lasciarsi scappare un bocconcino casi prelibato. Quindi, con un abile balzo si gettò sull’animaletto per afferrarlo. Fortunatamente il piccolino, risvegliato dall’improvviso attacco, riuscì a schivare l’aggressione con un veloce salto indietro, precipitandosi in una folle fuga verso il limitare del bosco. La volpe lo seguì fino a quando non si trovò sull’orlo di una grossa buca. Per evitare di cadere nel vuoto l’animale di aggrappò ad una siepe di Rovo graffiandosi e pungendosi con le sue spine.
L’Inverno e la Primavera
La Primavera e l’Inverno sono due stagioni completamente opposte che non sono mai riuscite a trovare la corretta armonia per andare d’accordo. Fortunatamente esse non devono convivere, infatti, quando compare una deve umilmente ritirarsi l’altro.
Un giorno il signor Inverno si trovò faccia a faccia con la giovane signorina Primavera. L’anziana stagione, con quella sua aria sapiente prese a dire: “Mia cara amica, tu non sai essere decisa e determinata. Quando giunge il tuo periodo annuale, le persone e gli animali ne approfittano per precipitarsi fuori dalle loro case o dalle loro tane e si riversano in quei prati che tu, con tanta premura, hai provveduto a far fiorire. Essi strappano i giovani arbusti, calpestano senza pietà l’erba e assorbono ogni sorso di quel sole splendente che, col tuo arrivo diventa più caldo. I tuoi frutti vengono ignobilmente raccolti e divorati e infine, con il baccano e la cagnara che tutti fanno, non ti permettono neppure di riposare in pace. Invece io incuto timore e rispetto con le mie nebbie, il freddo e il gelo. La gente si rintana in casa e non esce quasi mai per paura del brutto tempo e così mi lascia riposare tranquillo”.
Pippi cerca-cose -parte nona-
E ad Annika: “Perché non provi a cercare nella fessura di quel vecchio ceppo? Non hai idea di quante cose si trovano nei vecchi ceppi”.
Annika cercò dove le era stato indicato, e quasi subito estrasse una collana di coralli, rossa. Per un bel po’ lei e Tommy rimasero imbambolati dallo stupore: E dopo decisero che da quel momento in poi avrebbero fatto i cerca-cose tutti i giorni.
Pippi, che la sera prima era rimasta sveglia fino a mezzanotte a giocare a palla, improvvisamente fu colta da un gran sonno.
“Credo che schiaccerò un pisolino” disse. “Vi dispiacerebbe venire a rincalzarmi le coperte?”
Seduta sull’orlo del letto, Pippi stette a rimirare pensosa le scarpe che si era appena sfilate. “Ah, voleva andare a remare al largo, quel Bengt!” esclamò. “Roba da pazzi!” sbottò sdegnata. “Gli insegno io a remare, la prossima volta!”
“Ma dimmi, Pippi” le chiese Tommy rispettosamente, “perché porti scarpe tanto grandi?”
“Per poter muovere le dita dei piedi” fu la risposta.
Poi Pippi si sdraiò per dormire. Dormiva sempre con i piedi sul cuscino e la testa in fondo al letto, sotto le coperte.
Pippi cerca-cose -parte ottava-
“Siete dei bei vigliacchi!” disse infine Pippi. “Prima vi buttate in cinque su un ragazzo solo; poi cominciate anche a dare degli spintoni a una povera ragazzina indifesa. Bah, che porcheria! E ora andiamocene a casa!” disse a Tommy e Annika. E, rivolta a Ville: “Se ci si riprovano, a dartele, non hai che da avvertirmi”. E a Bengt, che non osava muoversi dall’albero: “Se hai qualcos’altro da aggiungere a proposito dei miei capelli e delle mie scarpe, spicciati perché devo tornare a casa”. Ma parve che Bengt non avesse nulla da aggiungere sulle scarpe di Pippi, e nemmeno sui suoi capelli; allora Pippi raccolse la latta e il rocchetto, e si allontanò, seguita da Tommy e Annika.
Quando furono arrivati nel giardino di casa sua, Pippi disse: “Tesorini miei, come mi dispiace. Io ho trovato due cose meravigliose, e voi siete rimasti a mani vuote. Datevi ancora un po’ da fare. Tommy, perchè non guardi in quel vecchio albero cavo? I vecchi alberi cavi sono dei luoghi ideali per i cerca-cose”.
Tommy borbottò che era convinto che mai, lui e Annika, sarebbero riusciti a trovare qualcosa, ma per non far dispiacere a Pippi infilò una mano nella cavità del tronco.
Pippi cerca-cose -parte settima-
“Guardate che razza di capelli. Una vera aureola di brace! E le scarpe!” continuò Bengt. “Me ne presteresti una? Avrei voglia di andare a remare al largo, ma non possiedo una barca”.
Afferrò poi una treccia di Pippi, ma la lasciò subito andare strillando: “Ohi, ohi, mi sono scottato!”
Allora i cinque ragazzi si misero a fare il girotondo intorno a Pippi, e saltando gridavano: “Cappuccetto Rosso! Cappuccetto Rosso!”
Pippi se ne stava tranquilla nel mezzo, e sorrideva con la sua aria più affabile. Bengt, che aveva sperato che lei si arrabbiasse, che si mettesse a piangere, o almeno che si spaventasse, visto che prenderla in giso non serviva a nulla, le diede improvvisamente uno spintone.
“A quanto sembra” disse Pippi, “non sei molto galante con le signore”. E così dicendo lo sollevò sulle sue forti braccia, lo trasportò fino ad una betulla che cresceva lì accanto, e infine lo gettò come un sacco su un ramo. Poi prese il secondo ragazzo e lo gettò su un altro ramo, afferrò il terzo e lo piazzò a sedere su un pilastro a lato del cancello di una villa, e il quarto lo scaraventò al di là di una palizzata, così che quello si ritrovò tra l’erbetta fiorita di un giardino sconosciuto.
Pippi cerca-cose -parte sesta-
In quel medesimo istante il cancello di una villa vicina si spalancò, e ne uscì correndo un ragazzoi. Aveva l’aria molto spaventata, e non c’era nulla di strano, dato che i cinque ragazzi che gli stavano alle calcagna, dopo averlo raggiunto, lo spinsero contro una palizzata e gli saltarono addosso. E tutti e cinque insieme presero a tempestarlo di pugni, mentre lui piangeva e si teneva le braccia sul viso per difendersi.
“dategli addosso, miei prodi” li incitava il più grande e il più forte dei ragazzi, “che non osi più farsi vedere in questa strada!”
“Oh” esclamò Annika, “quello che si prende le botte è Ville, come possono essere tanto cattivi!”
“E’ quello schifoso di Bengt, lui deve sempre menar le mani” disse Tommy. “E in cinque contro uno, poi. Che vigliacchi!”
Pippi si avvicinò ai ragazzi, e con l’indice diede un leggero colpetto sulla spalla di Bengt.
“Senti, tu” disse Pippi, “pare proprio che abbiate intenzione di fare polpette del piccolo Ville, visto che gli state addosso in cinque”.
Bengt si voltò e si trovò di fronte una ragazzina sconosciuta e dall’aria curiosa, che per giunta osava dargli dei colpetti sulla spalla con un dito.
Pippi cerca-cose -parte quinta-
Lo sguardo che Tommy rivolse alla latta esprimeva chiaramente la sua delusione. “A che cosa vuoi che ci serva!” disse.
“A tutto” ribattè Pippi, “se per esempio ci tieni dei biscotti, diventa una stupenda Scatola-da-Biscotti; oppure non puoi riempirla di biscotti, e allora diventa una Scatola-senza-Biscotti. Naturalmente va peggio”.
E di nuovo esaminò la scatola, che era davvero arruginita in maniera pietosa, e per di più aveva un buco sul fondo.
“Devo ammettere che ha più l’aspetto di una Scatola-senza-Biscotti” disse meditabonda. “Ma si può anche infilarsela in testa e far finta che sia notte”.
E così fece. Con la scatola calata in testa si addentrò barcollando nel quartiere di villette come una piccola torre di latta, e non si arrestò finché, inciampando in un recinto di filo spinato, cadde lunga distesa. La latta, sbattuta così per terra, fece un gran fracasso.
“Vedete” disse Pippi sfilandosela dalla testa, “se non l’avessi indossata, avrei picchiato con la faccia e mi sarei rovinata per la vita”.
“Però” azzardò Annika, “se non avessi avuto la scatola in testa, non saresti inciampata contro il filo spinato”.